Quando un’istituzione culturale ha successo? Il punto di vista di Paolo Baratta
Milano. Nel 2013, la Biennale d’arte di Venezia ha avuto 474.000 visitatori, contro i 196.000 del 1999, 177.000 presenze per quella di Architettura del 2012 contro le 70.000 dell’edizione del ‘98. Nelle ultime edizioni, la percentuale di giovani presenti a questa manifestazione va dal 31,8% (Biennale d’Arte) al 48% (Architettura), più di 4600 i giornalisti intervenuti nel primo caso (di cui 3000 stranieri) e quasi 3000 nel secondo (1800 stranieri).[1]
Obiettivi primari dell’ente culturale sono la ricerca e la trasmissione della conoscenza, lo stimolo a riflessioni circa la contemporaneità, attraverso la lettura che ne fa l’arte nelle sue diverse espressioni. Il fatto che un numero crescente di persone e soprattutto di giovani frequenti la Biennale è segnale, secondo Baratta, di una crescente fiducia da parte del pubblico nella capacità della Biennale di raccogliere stimoli, trasmettere conoscenza, animare il dibattito sulla contemporaneità. La fiducia si lega quindi ad un riconoscimento crescente della qualità della proposta e della capacità di presentarla in modo adeguato.
La fiducia si è costruita ed è stata alimentata in vari modi. Sul piano istituzionale, la forma giuridica dell’Ente, è presupposto fondamentale per il perseguimento dell’ autonomia. La fondazione costituita è un ente pubblico che opera secondo le regole del diritto privato, favorendo lo sviluppo di quell’attitudine imprenditoriale necessaria per coltivare e moltiplicare i talenti.
Il superamento dei limiti tipici del settore pubblico permette l’adozione di una strategia economico-finanziaria articolata che prevede l’apertura a diverse forme di finanziamento e partecipazione, anche private: attualmente la Biennale registra un attivo di bilancio e la copertura dei costi è solo per 1/3 circa rappresentata da fondi pubblici.
L’ente è così in grado di tutelare la propria indipendenza. I contenuti e le modalità di svolgimento delle manifestazioni sono definiti dai Direttori Artistici e tutelati dagli organi gestionali e amministrativi dell’organizzazione.
Anche gli altri Paesi, per i quali la Biennale di Venezia rappresenta un momento irrinunciabile, sono facilitati all’adesione da questo approccio che pone al centro l’autonomia e dunque il rispetto per le diverse forme di partecipazione. Con riferimento agli obiettivi: alcuni Paesi vogliono mostrare il proprio tipico rispetto all’universale, altri la propria capacità di stare nell’universale, ma anche in termini di gestione dello spazio espositivo: di competenza dell’ente pubblico statale in alcuni casi, affidata ad un importante istituzione culturale o, ancora, sotto la guida di uno o più artisti in altri.
Sul piano dei contenuti, la tensione continua alla ricerca e la multidisciplinarietà delle attività(Arte, Musica, Teatro, Cinema, Architettura, Danza nonché una specifica attività riguardante l’Archivio storico costituito nel tempo) richiedono diversificazione di approcci e, data anche la prospettiva internazionale, l’attitudine a muoversi in un contesto complesso. Proprio questa complessità contribuisce alla creazione del valore della proposta.
Infine, la fiducia è generata attraverso un’attenzione particolare alla relazione con il territorio dal punto di vista della comunità e del contesto sociale, attraverso un diversificato programma Educational rivolto alle nuove generazioni, secondo Baratta più coinvolgibili e ricettive rispetto alle riflessioni che la ricerca artistica stimola, ma anche in considerazione dei luoghi fisici di esposizione. Essi, infatti, non fungono da semplice contenitore, ma divengono parte integrante dell’identità della Biennale; basti pensare ai diversi padiglioni, ognuno con una sua storia, una sua modalità di gestione…o al più recente restauro e riutilizzo dell’Arsenale.
Ecco, dunque, come questi elementi (pluralismo, autonomia, fiducia, senso, tensione alla ricerca, apertura al mondo, relazione con il territorio) dipendono e, allo stesso tempo, concorrono a determinare il senso stesso dell’indagine che l’Ente si propone di portare avanti e, dunque, la sua autenticità.
La vera sfida, sostiene il Presidente della Biennale, riguarda la capacità di trasmettere la riflessione generata nella sua complessità evitando la facile pratica della semplificazione ai fini di una più agile comunicazione.
Ma come non incorrere nell’equivoco sotto la spinta della necessità di raggiungere il pubblico, anche quello meno avvezzo? Gli elementi a cui Baratta fa riferimento sono la sicura risposta per operare nel settore culturale nel migliore dei modi?
Forse la differenza, ancora una volta, è determinata dall’attitudine di alcune persone alla comprensione di tali dinamiche e alla capacità delle stesse di porsi in relazione con il contesto di produzione dei contenuti da un lato e, con quello di fruizione dall’altro, per favorire la corretta trasmissione.
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[1] Dati presentati nell’ambito dell’incontro “La Biennale come modello di istituzione culturale” - 12 maggio 2014