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Biennale, l'antropologo Gioni legge Jung e sogna (il budget di Kassel)

  • Pubblicato il: 15/03/2013 - 19:20
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Articolo a cura di: 
Lidia Panzeri
Paolo Baratta. Foto: Antonello&Montesi

Roma. Forse solo il curatore più giovane in tutta la storia della biennale (è nato nel 1973) poteva sfidare il pregiudizio di una mostra per forza rappresentativa di artisti e di artisti contemporanei. Così Massimiliano Gioni per la 55ma Esposizione Internazionale d'arte di Venezia, in programma dal prossimo 1° giugno al 24 novembre, si è permesso di selezionare 150 autori (il termine artisti è, infatti, per molti di loro improprio), 44 dei quali scomparsi, di 37 nazioni. Tramontata l'utopia di fare un'esposizione rappresentativa dello stato dell'arte «non sono qui per scommettere sui 100 artisti più famosi nel prossimo futuro», ha dichiarato Gioni in occasione della conferenza stampa di presentazione a Roma, la prospettiva è antropologica. Una riflessione su come si è rappresentato, a cominciare dai primi anni del Novecento, l'immaginario del mondo interiore e di quello esteriore, in una prospettiva tanto universale quanto individuale. In questa dimensione diacronica si giustificano i nomi di artisti, magari neppure troppo famosi, comeLevi Fisher AmesXul Solar, nati nella seconda metà dell'Ottocento o l'omaggio agli scomparsi Enrico BajJames Lee Byars. Quanto alle nazionalità colpisce, in una mostra con questo taglio, la netta prevalenza degli Usa (42 artisti)
La pattuglia italiana è composta da Yuri Ancarani (1972); Enrico Baj (1924-2003); Gianfranco Baruchello (1924; selezionato anche per il Padiglione Italia); Rossella Biscotti (1978); Roberto Cuoghi (1973); Enrico David (1966); Domenico Gnoli (1933-1970); Marisa Merz (1931); Marco Paolini (1956); Diego Perrone (1970); Walter Pichler (1936-2012); Carol Rama (1918) e Yervant Gianikian (1942) e Angela Ricci Lucchi (1942).
Né mancano star internazionali come Carl Andre, Paul McCarthy o Steve McQueen.
I punti di riferimento su cui si incentra la mostra sono due, non a caso posti all'inizio, rispettivamente, del Padiglione Centrale dei Giardini e delle Corderie dell'Arsenale.
Il primo è Il libro rosso di Carl Gustav Jung, capolavoro dalla lunga genesi, iniziato nel 1913 e proseguito fino al 1930, pubblicato solo postumo nel 2009, un'analisi approfondita volta a scavare i diversi strati della propria coscienza. Un viatico quanto mai indispensabile in tempi in cui l'immagine interiore è travolta dal bombardamento delle immagini che provengono dall'esterno. Da qui la rappresentazione delle diverse cartografie, come nella svedese Hilma af Klint (morta nel 1944) o le raffigurazioni mitiche della comunità americana degli Shaker o i disegni degli sciamani delle isole Salomone; i disegni sulla lavagna di Rudolf Steiner e la rappresentazione della Genesi di Robert Crumb. Dalla dimensione universale a quella dell'autoritratto, di una Maria Lassnig, ultranovantenne (è nata in Austria nel 1919), o di una Marisa Merz. Punto, patetico di raccordo tra i due mondi, i disegni di Linda Fregni Nagler(Svezia, 1976) una forma di esorcizzazione contro il progredire del cancro.
L'altro punto di riferimento, quello che dà il titolo alla mostra «Il Palazzo Enciclopedico» è il modello di quel progetto utopico, un museo immaginario ideato da Marino Auriti (1891-1980) per la città di Washington, che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell’umanità: un edificio di 136 piani che avrebbe dovuto raggiungere i 700 metri di altezza e occupare più di 16 isolati.

Sempre all'Arsenale, Cindy Sherman coinvolge trenta artisti, tra cui alcuni carcerati, autori di 200 opere che concorrono a formare un suo personale museo, moderna Wunderkammer, intriso di fotografie, dipinti, pupazzi, bambole quali frammenti di un immaginifico percorso anatomico.Virtuale, invece, è l'intervento chirurgico registrato nel computer di Yuri Ancarani. La conclusione del percorso è affidata a una rigorosa, quasi matematica, installazione di Walter De Maria.
Le Gaggiandre saranno utilizzate per gli spettacoli di Marco Paolini e di altri autori come John Bock, alter ego dello stesso Gioni.
«Una mostra di ricerca», l'ha definita Paolo Baratta, presidente della Biennale, annunciando la partecipazione di 88 Paesi di cui 10 esordienti. Il più atteso la Santa Sede che troverà il suo spazio nella sala delle armi. Altro Baratta non aggiunge, pur essendo presente in sala Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. Altre indiscrezioni, comunque, indicherebbero la scelta del tema della Genesi, affidato ad artisti internazionali di collaudata fama, non necessariamente cattolici (per esempio Kapoor).
Quanto al budget si aggira sui 13 milioni, di cui circa 3 per le spese di allestimento e di curatela; il resto di spese generali. 900mila il contributo degli sponsor o donor; 11.900.000 le risorse reperite dalla stessa Biennale, che comprendono la proiezione di introiti dai biglietti, calcolati sulla precedente edizione. Anche se dai dati di architettura emerge che la crisi economica incide sul calo dei visitatori, genericamente colti, che con difficoltà affrontano le spese di viaggio, di permanenza e del biglietto.
Intanto Gioni sospira: magari avessimo il budget di Kassel! (Per dOCUMENTA 13, nel 2012, si parlava di oltre 25 milioni di euro, Ndr).

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