Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Una nuova qualità progettuale sociale a traino culturale

  • Pubblicato il: 15/10/2017 - 20:02
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Massimiliano Zane

Quali politiche e strategie possono essere concretamente messe in campo a sostegno della Cultura e del Patrimonio? Quali le criticità e le risorse strumentali per trasformare la valorizzazione del patrimonio culturale anche in riscatto territoriale? Tra revisione dei protocolli, nuovi paradigmi, modelli di gestione e condivisione di esperienze, ecco trasparire da ArtLab17 Mantova i segni di una nuova Qualità Progettuale come leva di sviluppo e welfare di comunità a traino culturale.

Nell’elaborazione delle linee programmatiche, delle raccomandazioni, del confronto e degli innumerevoli scambi mantovani emersi dai lavori dei tavoli tematici, e non solo, è apparso chiaro di come e quanto operatori ed istituzioni culturali siano oggi davanti ad un’occasione che non possono (possiamo) permetterci il lusso di perdere. Un’occasione che tocca tanto i processi di conoscenza quanto quelli decisionali nel settore della cultura in particolar modo, ma a cascata, che coinvolge tutti, e che vede in questi tempi maturi, all’alba del 2018 Anno Europeo del Patrimonio, una convergenza unica per la determinazione di una nuova idea di ciò che rappresentano i nostri luoghi della cultura contemporanei, ma anche di ciò che sono e che saranno in futuro. Luoghi che risultano esser sempre più elementi ad alta complessità strumentale, metodologica ma soprattutto intellettuale, ma che faticano a trovare la propria determinazione di presidi identitari riconosciuti. Luoghi con un ruolo unico ed insostituibile di responsabilità in quanto parte integrante della società, che della società ne sono essenza ed interpreti, ma costretti in un panorama in cui proprio la sostenibilità (sociale ed economica) e le conoscenze in materia, cui corrispondono competenze istituzionali, appaiono ancora estremamente frammentate favorendo la dispersione della limitate risorse; luoghi portatori non solo di valori storici e artistici ma anche di una nuova “narrativa formativa” e di welfare, di cittadinanza e di abilità emozionali collaborative ed inclusive ma purtroppo spesso ancora incapaci di dare risposte e occasioni alla nuova domanda culturale attraverso la loro attuale idea (possibilità) di governance che genera forti ineguaglianze tra settori e livelli. Nuovi spazi comuni, o meglio, rinnovati elementi strutturali sociali attraverso cui riflettere in maniera più analitica sui processi di costruzione e sviluppo delle proprie ed altrui conoscenze, dei propri ed altrui contenuti, invitati a farsi concretamente carico del libero esercizio del “diritto di fruizione” quale nuovo diritto fondamentale, ma con la fatica quotidiana di coniugare senza i mezzi sufficienti ricerca, sperimentazione e condivisione.

Coesione sociale, sviluppo economico e crescita civile a traino culturale, dunque. Parole non così nuove? Forse. Perché in rare altre occasioni, parole come patrimonio, welfare e comunità, o impresa, intrapresa e multisettorialità ed infine Europa, messe vicine come abbiamo visto a Mantova hanno assunto una consistenza tale per poter davvero dare vita non solo ad un nuovo modello teorico economico, ma per avviare concreti processi di rinnovo per ciò che concerne l’elemento cultura, inquadrato (finalmente) come elemento economico e sociale dalla dignità riconosciuta, spostandolo quindi da “ancillare” a elemento fondativo e fecondativo di un'architettura civile che vuol dirsi realmente integrata e consustanziale. Elemento su cui investire, e non solo spendere, dove co-progettare, co-produrre e co-generare nuove logiche, formule e metodologie di valorizzazione comune, che escano dalla morsa “costi-ricavi” e facciano loro un nuovo approccio di sistema integrato per l’arricchimento del tessuto sociale. Elemento di sostegno capace di promuovere il pensiero critico, soprattutto dei più giovani, e di spingerli a ri-appropriarsi di quello che è e sarà il loro vissuto e a ri-definire il sentimento comune della società in cui vivono e di cui sono parte integrante, portandoli a trovare il proprio percorso di conoscenza attraverso metodi non convenzionali e spronandoli a divenire soggetti attivi della propria cittadinanza. Elemento accomunante che guarda al proprio valore aggiunto relazionale attraverso la presa di coscienza delle proprie esternalità positive, della potenza degli impatti (culturali e non solo) di cui è generatore e delle ricadute positive sul territorio in cui è inserito. Elemento portante per una riforma dello stato del benessere e di resilienza con un ruolo di mediazione e fiducia su scala dimensionale territoriale dalle potenzialità enormi attraverso cui attuare un nuovo modello di welfare. Un welfare non più soltanto connotato dall’idea di assistenza, ma più potente ed “intimo”, in cui sono protagonisti tanto le istituzioni pubbliche, i soggetti privati, le fondazioni erogative, i privati ed il terzo settore, quanto singoli cittadini e comunità intere aggregate secondo una prospettiva inclusiva di partecipazione attiva. E questo perché la cultura è uno degli strumenti più efficaci (forse il più efficace oggi) per dare vero significato a una cittadinanza più matura e consapevole.

Diritti, dunque, ma anche doveri alla responsabilità. Si perché in questo orizzonte, oltre gli entusiasmi, emerge anche l’urgenza di cogliere questa nuova prospettiva, ancora non pienamente sviluppata e sedimentata nelle sedi istituzionali.
 
Stando a queste suggestioni, ciò che ci si prospetta oggi, soprattutto in vista dell’ormai prossimo 2018, è quindi evolvere. Un’evoluzione da compiere rapidamente e con determinazione. Che parla di qualità e non solo di quantità; di professionalità nuove e nuovi strumenti di analisi che favoriscano lo sviluppo e la produzione di valori condivisi e nuovi modelli economici sostenibili e comparabili; dell’accettazione e l’attivazione di nuove regole e competenze declinate in forme flessibili e inclusive e di co-programmazione strategica e cogestione; di pianificazione strategica e di sviluppo integrato col territorio e le comunità; di valorizzazione e people engagement e non solo di visitor development. Un’evoluzione che necessita che questi non siano solo proclami e retorica ma atti concreti. La spinta c’è, l’opportunità anche. Dopotutto il difficile compito della creazione di un immaginario orizzonte di interdipendenze culturali nuovo e complesso è stato svolto. Ed è un orizzonte in cui la relazione fra luoghi e persone è essenziale per una prospettiva di riprogettazione condivisa, soprattutto in concerto con altri settori dell’azione pubblica, come l’occupazione, l’economia, l’istruzione, il benessere, la residenzialità, la giustizia.
 
Questo è stato quanto, a valle, è emerso (per me) dall’importante cantiere di progettazione di Art Lab, che in questa sua ultima tappa di Mantova, ha trovato una degna conclusione, che semplice conclusione non è stata. La discussione nata e sviluppatasi in seno a questa eccezionale occasione di confronto non può dirsi esaurita, anzi, è (e deve essere) solo all’inizio. Alè!
 
© Riproduzione riservata
 
Massimiliano Zane, Progettista Culturale, consulente strategico per lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio.