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UNA FUTURA PROSPETTIVA PER LA SOSTENIBILITA' DEI MEDIA

  • Pubblicato il: 15/03/2016 - 23:02
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CONSIGLI DI LETTURA
Articolo a cura di: 
Sendy Ghirardi

L’economista francese Julia Cagé propone un nuovo modello economico e gestionale per la sostenibilità dei media, messi in crisi dal nostro tempo. Nell’epoca delle fusioni editoriali tra i colossi multimediali, che lasciano poco spazio alla media-piccola concorrenza, l’autrice presenta un sistema volto a salvaguardare l’informazione e ad aumentare gli azionisti attraverso forme di finanziamento innovativo come il crowdfunding. Dopo un’attenta indagine sul sistema mediale in Europa e negli Stati Uniti, delinea una prospettiva di governance ibrida, a metà tra le fondazioni e le società per azioni, con un forte contributo indiretto da parte dello Stato. Uno statuto che, secondo l’autrice, consentirebbe ai media di essere indipendenti dagli azionisti esterni, dagli inserzionisti e dai poteri pubblici, e di operare invece contando sui lettori e sui dipendenti
 
 
 
Capitalismo, crowdfunding e democrazia sono le tre parole chiave ricorrenti, nonché sottotitolo, nel libro di Julia Cagé, Salvare i media, presentato all’Università IULM di Milano.
La giovane economista francese professore di Economia presso il Dipartimento di Economia e Scienze a Sciences Po di Parigi e membro della Commission Économique de la Nation, propone un nuovo modello economico e gestionale sostenibile per i media, messi in crisi dal nostro tempo.
Il libro, edito da Bompiani, indaga il panorama dei dispositivi informativi in Europa e negli Stati Uniti, evidenziando la necessità di una democratizzazione del potere decisionale e della salvaguardia dell’informazione. La Cagé enfatizza il legame tra l’odierna crisi della democrazia e la crisi dei media. Il libro nasce da una riflessione dell’autrice sul declino che sta investendo il sistema mediatico da diversi punti di vista: la dimensione qualitativa dell’informazione, il calo degli investimenti pubblicitari e la rivoluzione tecnologica .
Nel mondo dei media, la qualità, secondo l’economista, va di pari passo con la quantità dei giornalisti che erogano un buon numero di informazioni. I tagli redazionali insieme alla concentrazione delle testate dei quotidiani più influenti nelle mani di pochi magnati, le cui decisioni sono finalizzate alla massimizzazione degli utili, hanno contribuito a una perdita di fiducia da parte dei cittadini che ovviamente si è ripercossa anche a livello economico.
Un altro aspetto, che ne ha completamente modificato l’assetto rispetto al passato, è il calo degli investimenti pubblicitari dovuto all’offerta di spazi che è cresciuta più rapidamente della domanda, principalmente, ma non solo, a causa dell’avvento di Internet. Basti pensare che negli Stati Uniti la quota di entrata proveniente dalla dimensione pubblicitaria ha subito un calo vertiginoso a partire dal XXI secolo, e probabilmente corrisponderà ben presto a molto meno della metà delle entrate complessive dei giornali americani. Del resto, è quanto sta accadendo al New York Times, in cui la pubblicità, dal 2010, rappresenta solo una componente minoritaria nel totale dei guadagni del giornale. Inoltre non si può contare di uscire dalla crisi moltiplicando il numero degli utenti online che non pagano, e quindi non possono essere monetizzati sotto forma di entrate pubblicitarie.
 
Per questo motivo la Cagé individua nel sistema a pagamento dei contenuti online il prossimo futuro «bisogna stimolare i lettori a pagare per un determinato contenuto di alto livello qualitativo, in quanto è dagli abbonamenti che scaturirà la maggior parte delle entrate», che comunque da sole non possono garantire il sostentamento dei media.
 
In questa situazione, per evitare l’introduzione nel mercato di ulteriori baroni della stampa, che salvano i media per avere una certa influenza politica, seondo l’autrice è necessaria una tutela dell’informazione che rappresenta un bene comune per la cittadinanza. Questa la prima visione rivoluzionaria della studiosa che concepisce i media come delle vere e proprie istituzioni culturali. Esattamente come lo possono essere i musei, i teatri, le scuole, «L’informazione, soprattutto quella politica, fornisce un servizio pubblico, allo stesso titolo dell’università, del cinema o dell’insieme delle industrie che costituiscono e costituiranno nel XXI secolo l’economia della conoscenza. I media danno informazioni a chi vota, migliorare l’informazione significa migliorare la partecipazione politica». La prima conseguenza di questa nuova impostazione è il venir meno degli obiettivi di esclusivo profitto e il costituirsi di società editoriali senza scopo di lucro supportate dallo Stato in maniera indiretta, per evitare la diminuzione dell’autonomia e della libertà dei media stessi. Da un lato quindi la sua idea si sottrae al ruolo invasivo dei singoli gruppi di potere e dall’altro lato vuole evitare anche la sua concentrazione nelle mani delle amministrazioni pubbliche. A differenza dei musei o della sanità quindi i media non possono essere prodotti totalmente dallo Stato, ma è fondamentale la presenza dei privati cittadini.
 
In questo contesto molto complesso, la Cagé propone quella che chiama un’associazione non-profit, a metà strada tra le fondazioni e le società per azioni. L’unico modo per ripensare i media è quello di recuperare delle strategie proprie del sistema fondazioni e quello di porsi in linea con le strategie proprie delle società per azioni, ricorrendo a forme moderne di crowdfunding .
 
Il modello ibrido dell’ Organizzazione dei Media Non-Profit riprende dalle fondazioni lo status, infatti nel suo modello i capitali investiti restano congelati, non possono essere restituiti, non danno dividendi, ma neppure implicano perdite ulteriori. L’incentivo sta negli sgravi fiscali statali, che devono essere molto significativi. Queste finalità vengono sostenute da una società per azioni di nuova concezione. In base al modello, i diritti di voto non aumentano proporzionalmente al numero di azione possedute. Di fatto, si tratterebbe di introdurre un tetto, pari in ipotesi al 10% delle azioni, oltre il quale il diritto di voto aumenti solo di un terzo rispetto alle quote eccedenti detenute dal singolo investitore. La Cagé propone una nuova forma di partecipazione al capitale di un media, con condivisione del potere di controllo e del potere decisionale. Si prevede che oltre a grandi benefattori, un media possa raccogliere investimenti da parte dei suoi stessi dipendenti riuniti in un’associazione per poter contare di più nel CdA e da parte dei suoi lettori e crowdfunder .
Diversamente dal crowdfunding però, dove un lettore contribuisce al finanziamento di un giornale senza avere in cambio alcun beneficio politico, il modello attribuisce ad ogni finanziatore un peso politico tradotto in potere di voto proporzionale, fino a una certa misura, al suo contributo economico: «le nuove tecnologie, internet in particolare, concorrono oggi alla democratizzazione del capitalismo come ci viene testimoniato dallo sviluppo del crowdfunding, ma non bisogna limitarsi alle donazioni, bisogna fare in modo che ciascun attore goda dei diritti di voto e del potere politico se si vuole che si senta incoraggiato a investire ulteriormente nella società in oggetto, l’obiettivo è riprendere il controllo del nostro destino».
Un modo questo per favorire forme di azionariato diffuso, alle quali possono accedere non solo i dipendenti della società editoriale, come in parte già avviene, ma anche i piccoli e piccolissimi investitori. Punta dunque a limitare l’onnipotenza dei grossi azionisti mettendo i piccoli e i medi nelle condizioni di agire e di raccogliere le sfide del giornale al quale sono legati. Questo fa in modo che i giornalisti possano preservare la propria indipendenza, ristabilendo la fiducia tra i lettori.
La Cagé ha realisticamente affermato che non crede che questo modello possa rappresentare una forma di governance alternativa a quelle attuali, piuttosto che sia più adatto alle nuove imprese mediali del futuro; un modello democratico, che porta i media a diventare un’istituzione che concili attività commerciale e attività senza fini di lucro .
Secondo il prof. Vincenzo Trione, ordinario di Arte e Media all’Università IULM, che ha presentato il libro a Milano, quello che l’autrice propone è una sorta di etica dei media, ossia «il tentativo di ripensare in un’ottica politicamente e moralmente più equilibrata il ruolo dei media stessi», ponendo le basi per una discussione che cambia la visione del sistema mediatico informativo, che diventa così a tutti gli effetti un bene dei cittadini e per i cittadini.
 
Un’ottima prospettiva di riflessione che però si rivolge ad una popolazione che veda nei media un valore di necessità primaria ed è disposto a prendersene cura.
In un epoca come la nostra, dove l’informazione non è più una risorsa scarsa, ma al contrario ne siamo bombardati gratuitamente, si necessita forse di un’operazione intermedia di educazione e sensibilizzazione qualitativa per immaginare questo scenario possibile.
 
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Julia Cagé, Salvare i media. Capitalismo, crowdfunding e democrazia, Bompiani, 2016