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Un cammino con la città, in Compagnia

  • Pubblicato il: 14/02/2014 - 10:49
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Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Catterina Seia
La Compagnia di San Paolo concentra da oltre un decennio i propri sforzi a favore del recupero e della valorizzazione del patrimonio artistico afferente alla «Zona di Comando»

Torino. È il 1563. Parte un progetto da sette persone, guidate dall’avvocato Al Bosco. In breve - all’indomani della libertà di culto concessa dai Savoia ai Valdesi - ne coinvolge settanta, animate da  « splendor dell’anima». Oltre alle donazioni dei fondatori arrivano lasciti testamentari, benefattori stranieri. Nata come Compagnia della Cattolica fedein risposta alla caduta sociale, fa apostolato in soccorso dei «poveri vergognosi, coloro che non osano manifestare la loro condizione di indigenza per un rovescio di fortuna e non ne possono negare l’imperativo» pensando ai «poveri miserabili». Non solo ente assistenziale, ma dall’origine committente di opere d’arte per comunicare. Si dota di strumenti come il Monte dei pegni, per difendere i poveri dall’usura perché «il denaro si dona una volta sola. Ciò che si presta è vivo». Piccoli prestiti - nel linguaggio contemporaneo microcredito - alle famiglie per  superare una transizione e alle ragazze per trovare onesto futuro. Già nel settecento viene riconosciuta come modello di buona gestione e trasparenza dei conti.
Sono queste le radici di un profondo rapporto che ha legato l’evoluzione della banca, e poi la Compagnia, alla città nelle sue trasformazioni e che spiegano l’attaccamento dei torinesi all’istituzione, punto di riferimento da sempre del ceto dirigente di Torino e interlocutore a pari livello della politica.
Un valore che si legge nella partecipazione attiva della comunità al programma varato per i 450 anni di storia. «Il rapporto tra banche e fondazioni non è fatto di perversioni come oggi si pensa ed è in costante evoluzione. La nostra istituzione nasce per dare una mano agli ultimi, si è dotata di strumenti finanziari e ha generato una grande banca come l’Istituto bancario S. Paolo, che il Parlamento ha ricondotto al mercato, restituendo un ente vocato a sviluppare politiche di sostegno alla comunità» dice Sergio Chiamparino, già sindaco di Torino per due mandati, Presidente della Compagnia di San PaoloLa silloge interdisciplinare di decine di studiosi emersa dalle ricerche sul patrimonio documentale per i nostri 450 anni ci fa comprendere da quanto lontano veniamo e con quanta determinazione possiamo guardare al futuro. La Compagnia è impegnata da sempre sui temi fondamentali per la comunità: la coesione sociale, le politiche di sviluppo locale, l’educazione e la ricerca, i beni artistici e culturali».
Nella storia dell’Ente, troviamo i semi di ciò che oggi chiamiamo mobilitazione della società civile, terzo settore, principio di sussidiarietà, interventi a favore della vulnerabilità, della fascia grigia di povertà, delle emergenze sociali. Per superare le lacune dei pubblici servizi. Dal 1563, anche in epoca napoleonica, quando fu minacciato il suo esistere.
Oggi il quadro delle azioni è vasto e articolato con una presenza capillare nella città dell’ «etica del lavoro ben fatto». Un investimento nell’ultimo quadriennio ha superato i 500 milioni di euro, con 3129 interventi e 1812 enti coinvolti. Continua il Presidente «Il Comitato di gestione ha delineato l’ipotesi di budget 2014, confermando 130 milioni di euro, lo stesso standard di intervento del 2013, ma dobbiamo puntare sempre più sull’innovazione. Se funzionano i modelli possiamo metterli a disposizione degli enti locali. Abbiamo stanziato un milione e trecento mila euro per il reinserimento sociale dei detenuti. Un tema, come altri, di cui oggi è impossibile chiedere ad altre istituzioni di farsene carico».
Più sociale nel futuro dell’Ente, oggi impegnato a concludere i grandi progetti di restauro avviati (cfr. pagg. 8-11): dal costituendo Polo Reale, al circuito di residenze Sabaude che fa perno sulla Venaria Reale, all’ampliamento del museo Egizio. Con un ruolo più attivo anche nella partecipazione alle fondazioni di gestione delle grandi istituzioni del territorio, Antichità Egizie, Teatro Regio, Torino Musei. «Riteniamo che il ciclo che ha visto prevalere i grandi interventi di riqualificazione fisica delle grandi polarità museali o monumentali sarà completato nel giro di pochi anni, per ragioni fisiologiche e non patologiche. Il nostro territorio si trova in condizioni di recupero ormai consolidato, i grandi attrattori saranno in condizioni ottimali e vorremo spostare l’attenzione in due direzioni: gestione e valorizzazione (sulla quale c’è molta strada da fare) e attenzione al patrimonio diffuso. Cerchiamo di far emergere energie locali e occasioni di sviluppo che siano in grado di integrare gli interventi di restauro e valorizzazione», ci dice Piero Gastaldo, torinese, classe 1954, Segretario Generale della Compagnia dal 2001, laurea summa cum laude in Giurispudenza e numerosi incarichi accademici e istituzionali. Una delle personalità di riferimento del mondo fondazionale.
Compagnia di S. Paolo agisce attraverso una pluralità di enti strumentali operativi su più assi. «Il nostro impegno è sui progetti che danno risposta a linee evolutive nelle comunità nelle quale ci troviamo. Alcuni nostri enti, come l’Ufficio Pio, hanno storia e vocazione antica che potremmo definire di pronto soccorso sociale. Le modalità di azione del nostro Ente sono frontiere mobili. Il nostro intervento tipico è erogativo. Diventiamo soggetti attuatori quando non troviamo una risposta sul mercato del non profit.» commenta Gastaldo.
Una proattività che si legge nei bandi emessi che vedono la cultura come risorsa occupazionale giovanile e strumento di inclusione sociale. Tra gli ultimi, «In Itiner@ che propone un modello di cura allargata che passa attraverso l’accessibilità ai beni e l’impegno diretto degli individui, lavorando con i giovani». Per promuovere cittadinanza attiva.
A Piero Gastaldo, che è stato anche Assessore allo sviluppo economico, con la responsabilità dei processi di privatizzazione, chiediamo come vede Torino nel futuro. «In analogia a Genova, su sui cui operiamo con un impegno minore da un punto di vista quantitativo, è in una delle fasi più difficili della sua vita. Ne ha vissute molte altre e quindi sono sicuro che la supererà. È una città che ha accumulato debolezze, come succede a territori che escono da una lunga parabola manifatturiera e incontrano la fitta competizione globale . In questo quadro le Fondazioni sono risorse, un potenziale concreto, su cui la città può contare per l’attivazione di altre energie moltiplicative ».
www.compagnia.torino.it

Dal XIII Rapporto Annuale Fondazioni, in Il Giornale dell'Arte, 338, gennaio 2014

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