A tu per tu con Matteo Marzotto: l'arte di fare impresa
Autore/i:
Rubrica:
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di:
Milena Zanotti
Lo troviamo impegnatissimo in un evento a cui tiene molto, inaugurato il 14 febbraio in Fiera di Vicenza. Si tratta di HIT Show 2015 (Hunting Individual Protection Target Sport, la nuova Manifestazione Internazionale dedicata al settore della caccia, alla difesa personale e tiro sportivo insieme alle attrezzature ed accessori dell’outdoor) e trapela, immediata, la passione e l’energia con cui Matteo Marzotto affronta le sfide. Per la verità parecchie, da ciò che abbiamo potuto costatare. A partire da quella che occupa un posto speciale: la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, che ha co-fondato nel 1997 e alla quale di recente ha dedicato un volume, BikeTour-Pedalando per la Ricerca, edito da Rizzoli, una narrazione per immagini dell’emozionante iniziativa sportiva charity, attualmente in corso.
Matteo Marzotto, nato nel 1966, vanta un curriculum di tutto rispetto: Presidente di Fiera di Vicenza e di Fondazione CUOA, nonché di Associazione Progetto Marzotto e Mittelmoda Fashion Award. Come imprenditore tra gennaio 2009 e gennaio 2013 ha acquisito e successivamente rilanciato Vionnet S.p.A., di cui è stato anche Presidente. Dopo avere lavorato per quindici anni nelle aziende collegate agli interessi di famiglia, maturando esperienze lungo tutta la filiera del tessile/abbigliamento, tra il 2003 e il 2008 è stato prima Direttore Generale Operativo, poi Presidente di Valentino S.p.A.
Partiamo da una storia di famiglia, quella dell’utopia di Gaetano Marzotto Jr, agli inizi del secolo scorso a Valdagno, “Città sociale” o “Valdagno Nuova” o ancora “Città dell’Armonia”.. Quando è nata questa ‘visione’ che coniuga arte – impresa – contesto sociale e comunità? Quanto è stato rilevante questo modello per lo sviluppo del territorio?
Credo nel valore dell’esempio, che è potente, crea idee ed azione. La vicenda di mio nonno Gaetano, alla quarta generazione dopo la fondazione dell’azienda, si inserisce nella storia della famiglia Marzotto, da sempre molto attiva nella comunità locale. Gaetano Marzotto Jr era figlio e nipote di senatori e sindaci, quindi di persone che sulla comunità avevano investito tempo, energie e voglia di condividere. E’ stato uno straordinario interprete del post - rivoluzione industriale, nonostante gli avvenimenti tragici che lo avevano colpito: ha perduto il padre in modo violento, assassinato, quando aveva 28 anni. Però ha ereditato un’azienda sana, un patrimonio cospicuo e, soprattutto, uno stimolo coraggioso ad intraprendere e condividere. In tal senso è significativo leggere gli scritti privati di Gaetano, che ci raccontano l’intento di rilasciare valore alla propria azione imprenditoriale per la società. Valdagno nel 1926-27, è stata costruita con un’urbanistica moderna ed è anche ora molto bella. Un’intuizione moderna degli spazi, nella visione di respiro dei volumi e delle prospettive. C’è stata una straordinaria progettazione, da parte dell’architetto Francesco Bonfanti ma, soprattutto la visione di un uomo, Gaetano Marzotto, che, cito dai suo scritti, parlava di ‘case di veramente civile abitazione’, in un’epoca in cui il Veneto era una terra depressa e di immigrazione. Si è dedicato a costruire una storia fantastica, di una potenza intellettuale notevole, poiché ha investito il successo ottenuto per una serie di progetti: dai premi letterari, alla costruzione del più grande teatro del Veneto, sino alla selezione e premiazione dei più grandi artisti, medici e ricercatori.
Tutto ciò è un lascito in termini di esperienza e di esempio, che si è tramandato ai suoi figli i quali ne sono stati i continuatori, ciascuno con modalità e con sensibilità diverse, esercitando un’incisiva azione sul territorio. A mio modo di vedere anche la Fondazione Ricerca sulla Fibrosi Cistica, che ho co-fondato, prosegue questo impegno di Civil Serving sul servizio civile. Insomma, ho potuto godere del privilegio di avere questo esempio in famiglia, di un nonno che è mancato quando avevo 6 anni ma di cui so molto, anche se in molta parte frutto di un ‘miss blend’, ovvero di ciò che mi è stato raccontato sin da bimbo, unito a ciò che ho letto di lui sui libri….. Visto che ho vissuto a Valdagno 24 anni ho costruito la mia versione personale del mito di Gaetano Marzotto, con la quale mi raffronto ogni giorno, chiedendomi ‘cosa farebbe mio nonno in questa situazione? E poi, come avrebbe letto questo mondo attuale, della civiltà digitale?
Il Premio Marzotto[i], promosso da Associazione Progetto Marzotto che nel 2015 giunge alla sua quinta edizione. - voluto da Giannino Marzotto e da lei presieduto - vuole celebrare la memoria del Conte Gaetano ed il suo lascito morale, intellettuale e di ‘visione d’impresa. Quali sono gli ‘esempi imprenditoriali’ ai quali vi rivolgete, quali gli obiettivi del Premio?
Mi fa piacere questa domanda perché mi permette di far chiarezza sul nostro obbiettivo : selezionare e premiare imprenditorialità. Vogliamo che gli imprenditori premiati siano assistiti per far crescere la loro impresa. Quindi non solamente le idee, ma le idee che diventano azienda o che lo sono già. Ci rivolgiamo ai progetti innovativi e siamo il premio leader della nuova imprenditorialità italiana, tra i più importanti a livello internazionale. Si può innovare qualsiasi processo, anche il più antico e il più maturo, in ogni ambito. Il premio deve rispondere a tre caratteristiche principali, che sono quelle che hanno mosso mio nonno Gaetano: innovazione, sostenibilità economica e ricaduta sociale sul territorio. Tutto ciò per creare valore, ovvero il giusto emolumento per l’imprenditore che rischia, ma altresì un incisivo rilascio sulla società. Si tratta quindi di produrre ricchezza per incentivare i posti di lavoro e creare qualità che rimanga sul territorio italiano. Il primo e miglior interprete, continuatore logico del pensiero di mio nonno è stato mio zio Giannino, un uomo a cui ho voluto molto bene e al quale mi riferisco costantemente per il suo sguardo verso il futuro, per i giovani, nella direzione di un bene generalizzato, un uomo dall’animo nobile ed, a un tempo, pratico.
Alla luce del percorso intrapreso nelle passate edizioni, può tracciarne un bilancio?
Il bilancio del Premio è positivo: ogni anno rilasciamo ben oltre un milione di euro di valore, di cui un 30/40% costituito da premi in denaro e la differenza in erogazione di servizi di tutoring, mentoring, di formazione, anche in collegamento con il CUOA, di cui sono presidente, la business school italiana di più antica tradizione. Il CUOA è integrato con Premio Marzotto, cui fornisce alcuni servizi come i ‘marketing tour’ e i ’working tour’ utili al neoimprenditore per meglio gestire il proprio futuro. Importanti incubatori d’impresa attivi nel nostro Paese e una grande banca si occupano dei vincitori del Premio ( nel 2014 erano ben 22 gli incubatori che hanno partecipato ): questo ecosistema dell’innovazione che viene messo a disposizione attraverso il Premio significa molto di più che semplicemente consegnare una statuetta o firmare un assegno.
Infine, quanto spazio è riservato all’innovazione culturale, anche in considerazione dei progetti imprenditoriali presentati?
Il Premio Marzotto, la cui edizione originaria aveva preso avvio alla fine degli anni ’50 sino alla metà degli anni ’60, possedeva un aspetto culturale preponderante, in termini di letteratura, arte figurativa. Anche oggi riteniamo che la cultura abbia una componente economica rilevante, poiché genera valore. Il concetto di cultura non si deve disgiungere da quello di creazione valoriale. In quasi tutti i prodotti premiati o che sono arrivati in ‘short list’ vi è una componente culturale molto forte. Intanto, in generale, premiamo la cultura d’impresa, inoltre consideriamo i prodotti che hanno una ricaduta positiva sulla cultura, come è avvenuto quattro anni fa con un progetto che verteva sul ripristino dei monumenti, tramite l’utilizzo di microorganismi» (il riferimento è a MICRO4YOU, vincitore per il 2011, prodotto di servizio centrato sull’utilizzo di cellule microbiche quali agenti di biopulitura, tecnica innovativa ed ecosostenibile, sviluppata e brevettata da un team di ricercatori italiani e da essi sperimentata con successo su importanti monumenti ed opere d’arte, ndr).
Lei è presidente di Fondazione CUOA[ii]. Cosa significa, oggi, investire nella formazione della classe dirigente di un territorio che possiede un’antica struttura universitaria? Quali profili di classe dirigente necessitano?
I soci fondatori del CUOA sono state le sette Università del Nord-est ( Venezia, Padova, Verona, Udine, Trento, Trieste), in sinergia con grandi aziende (tra cui anche la Marzotto) ed enti locali (Comune di Vicenza, Camera di Commercio di Vicenza, quella di Padova, Confindustria, ecc.). In seguito questa compagine si è diluita, ma è stata prima di tutto un’iniziativa di sistema e di territorio. L’alta formazione è cruciale, soprattutto per un territorio che per un quarantennio ha mostrato tra i più alti tassi di crescita e la più alta vocazione imprenditoriale del Paese. Era quindi necessario avere una scuola di business. Si tratta di un istituto storico (la sede Villa Morosini, è di epoca palladiana), estremamente dinamico. In tal senso stiamo lavorando a prodotti variegati ma coerenti con i nostri territori, che parlino del ‘life-style’ all’italiana, ovvero food, turismo, design, vitivinicolo, per avere ‘tools’ che consentano la gestione. Il Veneto non è solo sinonimo di laboriosità, ma è la regione turistica italiana per eccellenza: Venezia, le Dolomiti, il circuito delle Ville Venete. Possiamo affermare che ogni cittadina possegga una o più opere d’arte significative. Mi sono occupato in prima persona di turismo, che è una grande industria, come mio nonno Gaetano aveva intuito. Infatti, dal ’49 al ’55 aveva costruito 54 alberghi, introducendo il concetto di ‘catena commerciale’ attraverso i Jolly Hotel, di cui 35 a Sud di Roma, a dimostrazione che possedeva un alto concetto di Italia, una visione pionieristica e, di conseguenza, mirava a far crescere il proprio Paese.
Al CUOA stiamo facendo uno sforzo importante per internazionalizzare maggiormente l’istituto, e stiamo offrendo alcuni dei nostri prodotti full-time anche in inglese, per essere interlocutori interessanti anche per un’utenza che proviene dai mercati esteri. Non si parla solo di master (per i quali il CUOA ha comunque un rating al livello delle più grandi scuole italiane) ma proponiamo anche prodotti di utilizzo più immediato (corsi di alta formazione flessibili e su misura di pronta fruizione per l’azienda). Proponiamo intelligenza e sapere. Oggi abbiamo un ‘club’ di aziende alle quali offriamo condizioni vantaggiose e alle quali, contestualmente, offriamo servizi erogati a seconda delle loro caratteristiche. CUOA ha, altresì, un rapporto privilegiato con le università fondatrici.
Quanto è rilevante, per lei, la relazione arte – impresa anche e soprattutto alla luce della sua vicenda imprenditoriale?
Il tema è lo stimolo del bello, nel senso più ampio del termine, sotto le più disparate forme, a partire dalla forma più semplice del possedere qualche bell’oggetto, sino ad investire anche la considerazione più ampia di volumi e gli spazi. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che si è sempre dedicata al mecenatismo culturale e ha avuto abitazioni con oggetti belli, che raccontano una vicenda di gusti ed investimenti. Anche io acquisto opere d’arte e ciò mi emoziona, mi infonde gioia di vivere. In generale condivido la definizione di imprenditore di Luigi Einaudi, il quale osservava che l’imprenditore è colui che agisce mosso da una speciale fiamma che lo spinge a produrre oggetti e prodotti sempre più belli[iii] Basti guardare alla Fondazione Bisazza, che ha trasformato una ex area industriale in un luogo di rara bellezza[iv] . Le opere d’arte della collezione Marzotto degli anni ’60 -oltre 110-, sono state stimolate dalla fiducia concessa a giovani artisti come Lucio Fontana o Francis Bacon. Le aziende floride annoverano imprenditori che possiedono cultura ed intelligenza e, contestualmente, visioni da grandi mecenati, ed è logico aspettarsi delle belle sedi e investimenti. Il bello e buono deve continuare a generare bello e buono.
Dal 2013 è stato nominato presidente di Fiera di Vicenza, il cui piano strategico è connotato dal motto Connecting the world. Quale sintonia, per lei, con queste parole? E, quindi, quale la portata dell’innovazione?
Ho sempre cercato di essere coerente con ciò che ho fatto, con serietà ed impegno. La Fiera mi affascina. Si tratta di un contenitore capace di “fare” diversi mestieri, completamente differenti tra di loro, ed esprimersi quale autentico ed anche molto concreto erogatore di servizi. Pensiamo che per il solo 2015 sono previste ben 14 fiere di diversa tipologia, dove cruciale resta saper cogliere le criticità di ogni mestiere, per poi successivamente ricreare presupposti dove domanda ed offerta si incontrino con successo. Il vecchio concetto di Fiera confinato al solo ambito di affittare spazi è oramai del tutto superato. Oggi occorre invece riempire di contenuti i propri prodotti fieristici: editoria, eventi, ‘format’, aggregazione ‘social’. Apprezzo particolarmente il potenziale espresso da Fiera di Vicenza con la sua tradizione di prodotti che per area tipologica sono vicini a settori di cui mi sono sempre occupato,: penso a gioielleria ed oreficeria, entrambi argomenti e settori estremamente fashion! Altrettanto stimolante è occuparsi del ‘well-done’, ovvero il ‘ben fatto’, che i più definiscono ‘made in Italy’. Ritengo che Vicenza ne sia la capitale, due dati su tutti: il 40 % della manifattura del lusso mondiale nella filiera del fashion viene prodotta in Veneto, inoltre l’85 % delle esportazioni italiane passano attraverso il sistema fieristico italiano. Tutto ciò, unito al management preparato, nonché alla visione, che condivido, mi ha convinto ad accettare la presidenza di Fiera di Vicenza un’azienda dove si è specialisti nel ‘golden jewellery’ e nel ‘life-stile and innovation’, prodotti in cui il ‘ben fatto’ italiano è al centro.
Fiera di Vicenza[v] annovera, tra i settori strategici, quello orafo e gioielliero con due appuntamenti annuali a Vicenza che sono dei punti di riferimento imprescindibili per il comparto (VICENZAORO January e VICENZAORO September) e un appuntamento a Dubai (VICENZAORO Dubai) oltre all’organizzazione della presenza di aziende italiane su tutti i mercati principali del settore quali Mumbai, Hong Kong, San Paolo e Las Vegas. Quanta importanza assume attualmente il comparto orafo e gioielliero italiano? Quali caratteristiche può avere una nuova generazione di artigiani - orafi del ‘made in Italy’?
Questo comparto si caratterizza per un prodotto straordinariamente “fashion” con la necessità di essere supportato sia nella promozione che nella comunicazione dei suoi brand e valori. Il nostro compito è fornire gli i mezzi e strumenti per migliorarne in tal senso visibilità e diffusione
Sono convinto che esista una nuova generazione di artigiani – orafi di assoluta eccellenza. Dobbiamo formarli, raccontarne la specificità e la dignità, valorizzare il saper fare. La ricchezza dell’Italia è questa: cuore e testa concorrono ad incentivarla. E questi non sono slogan.
Fiera di Vicenza ha promosso il Museo del Gioiello, inaugurato nel dicembre 2014 nell’edificio della Basilica Palladiana ed un unicum nel suo genere. E’ nato da progetto in partnership con il Comune di Vicenza, il primo esempio in Italia. Possiamo affermare che sia un riconoscimento alla cultura d’eccellenza territoriale?
Il concetto è abbracciare la produzione mondiale della gioielleria e la sua storia, in maniera dinamica ed innovativa, perché ogni due anni si modifica totalmente l’esposizione. Gli oggetti vengono selezionati da esperti internazionali e provengono da collezioni di tutto il mondo, con la direzione della professoressa Alba Cappellieri, principale studiosa del gioiello in Italia (in 9 sale tematiche differenti sono esposti circa 400 gioielli[vi], ndr). Vi è uno spazio, in prossimità del bookshop, che può essere fruito per eventi particolari od esposizioni temporanee. Tutto ciò avviene all’interno dell’opera suprema di Palladio, la Basilica Palladiana appunto, l’architetto per antonomasia. Abbiamo chiesto al design internazionale Patricia Urquiola di rileggere questo meraviglioso spazio, attraverso una selezione di mobili di provenienza italiana, equilibrando il concetto di innovazione e tradizione attraverso un approccio dinamico ma, al contempo, filologico.
Per conoscerla meglio : quale è l’ultimo libro letto?
‘Sono ancora un uomo’, scritto da Laura Hillenbrand, dal quale è stato tratto il film ‘Unbroken’, che narra la vicenda vera e coraggiosa di un oriundo italiano, Louis Zamperini, di umili origini che è un talento assoluto nei 1500 metri piani. E’ un libro duro ma commovente.
Coltiva qualche passione collezionistica?
L’Ottocento italiano di mio nonno è leggendario. Personalmente ho ricevuto da mio padre, in dono, un quadro importante e da mia madre opere d’arte tra ‘800 e ‘900. Amo molto i lavori contemporanei, in particolare : Franco Angeli, Mario Schifano, Sandro Chia, Renato Guttuso, Enrico Baj.
Matteo Marzotto, nato nel 1966, vanta un curriculum di tutto rispetto: Presidente di Fiera di Vicenza e di Fondazione CUOA, nonché di Associazione Progetto Marzotto e Mittelmoda Fashion Award. Come imprenditore tra gennaio 2009 e gennaio 2013 ha acquisito e successivamente rilanciato Vionnet S.p.A., di cui è stato anche Presidente. Dopo avere lavorato per quindici anni nelle aziende collegate agli interessi di famiglia, maturando esperienze lungo tutta la filiera del tessile/abbigliamento, tra il 2003 e il 2008 è stato prima Direttore Generale Operativo, poi Presidente di Valentino S.p.A.
Partiamo da una storia di famiglia, quella dell’utopia di Gaetano Marzotto Jr, agli inizi del secolo scorso a Valdagno, “Città sociale” o “Valdagno Nuova” o ancora “Città dell’Armonia”.. Quando è nata questa ‘visione’ che coniuga arte – impresa – contesto sociale e comunità? Quanto è stato rilevante questo modello per lo sviluppo del territorio?
Credo nel valore dell’esempio, che è potente, crea idee ed azione. La vicenda di mio nonno Gaetano, alla quarta generazione dopo la fondazione dell’azienda, si inserisce nella storia della famiglia Marzotto, da sempre molto attiva nella comunità locale. Gaetano Marzotto Jr era figlio e nipote di senatori e sindaci, quindi di persone che sulla comunità avevano investito tempo, energie e voglia di condividere. E’ stato uno straordinario interprete del post - rivoluzione industriale, nonostante gli avvenimenti tragici che lo avevano colpito: ha perduto il padre in modo violento, assassinato, quando aveva 28 anni. Però ha ereditato un’azienda sana, un patrimonio cospicuo e, soprattutto, uno stimolo coraggioso ad intraprendere e condividere. In tal senso è significativo leggere gli scritti privati di Gaetano, che ci raccontano l’intento di rilasciare valore alla propria azione imprenditoriale per la società. Valdagno nel 1926-27, è stata costruita con un’urbanistica moderna ed è anche ora molto bella. Un’intuizione moderna degli spazi, nella visione di respiro dei volumi e delle prospettive. C’è stata una straordinaria progettazione, da parte dell’architetto Francesco Bonfanti ma, soprattutto la visione di un uomo, Gaetano Marzotto, che, cito dai suo scritti, parlava di ‘case di veramente civile abitazione’, in un’epoca in cui il Veneto era una terra depressa e di immigrazione. Si è dedicato a costruire una storia fantastica, di una potenza intellettuale notevole, poiché ha investito il successo ottenuto per una serie di progetti: dai premi letterari, alla costruzione del più grande teatro del Veneto, sino alla selezione e premiazione dei più grandi artisti, medici e ricercatori.
Tutto ciò è un lascito in termini di esperienza e di esempio, che si è tramandato ai suoi figli i quali ne sono stati i continuatori, ciascuno con modalità e con sensibilità diverse, esercitando un’incisiva azione sul territorio. A mio modo di vedere anche la Fondazione Ricerca sulla Fibrosi Cistica, che ho co-fondato, prosegue questo impegno di Civil Serving sul servizio civile. Insomma, ho potuto godere del privilegio di avere questo esempio in famiglia, di un nonno che è mancato quando avevo 6 anni ma di cui so molto, anche se in molta parte frutto di un ‘miss blend’, ovvero di ciò che mi è stato raccontato sin da bimbo, unito a ciò che ho letto di lui sui libri….. Visto che ho vissuto a Valdagno 24 anni ho costruito la mia versione personale del mito di Gaetano Marzotto, con la quale mi raffronto ogni giorno, chiedendomi ‘cosa farebbe mio nonno in questa situazione? E poi, come avrebbe letto questo mondo attuale, della civiltà digitale?
Il Premio Marzotto[i], promosso da Associazione Progetto Marzotto che nel 2015 giunge alla sua quinta edizione. - voluto da Giannino Marzotto e da lei presieduto - vuole celebrare la memoria del Conte Gaetano ed il suo lascito morale, intellettuale e di ‘visione d’impresa. Quali sono gli ‘esempi imprenditoriali’ ai quali vi rivolgete, quali gli obiettivi del Premio?
Mi fa piacere questa domanda perché mi permette di far chiarezza sul nostro obbiettivo : selezionare e premiare imprenditorialità. Vogliamo che gli imprenditori premiati siano assistiti per far crescere la loro impresa. Quindi non solamente le idee, ma le idee che diventano azienda o che lo sono già. Ci rivolgiamo ai progetti innovativi e siamo il premio leader della nuova imprenditorialità italiana, tra i più importanti a livello internazionale. Si può innovare qualsiasi processo, anche il più antico e il più maturo, in ogni ambito. Il premio deve rispondere a tre caratteristiche principali, che sono quelle che hanno mosso mio nonno Gaetano: innovazione, sostenibilità economica e ricaduta sociale sul territorio. Tutto ciò per creare valore, ovvero il giusto emolumento per l’imprenditore che rischia, ma altresì un incisivo rilascio sulla società. Si tratta quindi di produrre ricchezza per incentivare i posti di lavoro e creare qualità che rimanga sul territorio italiano. Il primo e miglior interprete, continuatore logico del pensiero di mio nonno è stato mio zio Giannino, un uomo a cui ho voluto molto bene e al quale mi riferisco costantemente per il suo sguardo verso il futuro, per i giovani, nella direzione di un bene generalizzato, un uomo dall’animo nobile ed, a un tempo, pratico.
Alla luce del percorso intrapreso nelle passate edizioni, può tracciarne un bilancio?
Il bilancio del Premio è positivo: ogni anno rilasciamo ben oltre un milione di euro di valore, di cui un 30/40% costituito da premi in denaro e la differenza in erogazione di servizi di tutoring, mentoring, di formazione, anche in collegamento con il CUOA, di cui sono presidente, la business school italiana di più antica tradizione. Il CUOA è integrato con Premio Marzotto, cui fornisce alcuni servizi come i ‘marketing tour’ e i ’working tour’ utili al neoimprenditore per meglio gestire il proprio futuro. Importanti incubatori d’impresa attivi nel nostro Paese e una grande banca si occupano dei vincitori del Premio ( nel 2014 erano ben 22 gli incubatori che hanno partecipato ): questo ecosistema dell’innovazione che viene messo a disposizione attraverso il Premio significa molto di più che semplicemente consegnare una statuetta o firmare un assegno.
Infine, quanto spazio è riservato all’innovazione culturale, anche in considerazione dei progetti imprenditoriali presentati?
Il Premio Marzotto, la cui edizione originaria aveva preso avvio alla fine degli anni ’50 sino alla metà degli anni ’60, possedeva un aspetto culturale preponderante, in termini di letteratura, arte figurativa. Anche oggi riteniamo che la cultura abbia una componente economica rilevante, poiché genera valore. Il concetto di cultura non si deve disgiungere da quello di creazione valoriale. In quasi tutti i prodotti premiati o che sono arrivati in ‘short list’ vi è una componente culturale molto forte. Intanto, in generale, premiamo la cultura d’impresa, inoltre consideriamo i prodotti che hanno una ricaduta positiva sulla cultura, come è avvenuto quattro anni fa con un progetto che verteva sul ripristino dei monumenti, tramite l’utilizzo di microorganismi» (il riferimento è a MICRO4YOU, vincitore per il 2011, prodotto di servizio centrato sull’utilizzo di cellule microbiche quali agenti di biopulitura, tecnica innovativa ed ecosostenibile, sviluppata e brevettata da un team di ricercatori italiani e da essi sperimentata con successo su importanti monumenti ed opere d’arte, ndr).
Lei è presidente di Fondazione CUOA[ii]. Cosa significa, oggi, investire nella formazione della classe dirigente di un territorio che possiede un’antica struttura universitaria? Quali profili di classe dirigente necessitano?
I soci fondatori del CUOA sono state le sette Università del Nord-est ( Venezia, Padova, Verona, Udine, Trento, Trieste), in sinergia con grandi aziende (tra cui anche la Marzotto) ed enti locali (Comune di Vicenza, Camera di Commercio di Vicenza, quella di Padova, Confindustria, ecc.). In seguito questa compagine si è diluita, ma è stata prima di tutto un’iniziativa di sistema e di territorio. L’alta formazione è cruciale, soprattutto per un territorio che per un quarantennio ha mostrato tra i più alti tassi di crescita e la più alta vocazione imprenditoriale del Paese. Era quindi necessario avere una scuola di business. Si tratta di un istituto storico (la sede Villa Morosini, è di epoca palladiana), estremamente dinamico. In tal senso stiamo lavorando a prodotti variegati ma coerenti con i nostri territori, che parlino del ‘life-style’ all’italiana, ovvero food, turismo, design, vitivinicolo, per avere ‘tools’ che consentano la gestione. Il Veneto non è solo sinonimo di laboriosità, ma è la regione turistica italiana per eccellenza: Venezia, le Dolomiti, il circuito delle Ville Venete. Possiamo affermare che ogni cittadina possegga una o più opere d’arte significative. Mi sono occupato in prima persona di turismo, che è una grande industria, come mio nonno Gaetano aveva intuito. Infatti, dal ’49 al ’55 aveva costruito 54 alberghi, introducendo il concetto di ‘catena commerciale’ attraverso i Jolly Hotel, di cui 35 a Sud di Roma, a dimostrazione che possedeva un alto concetto di Italia, una visione pionieristica e, di conseguenza, mirava a far crescere il proprio Paese.
Al CUOA stiamo facendo uno sforzo importante per internazionalizzare maggiormente l’istituto, e stiamo offrendo alcuni dei nostri prodotti full-time anche in inglese, per essere interlocutori interessanti anche per un’utenza che proviene dai mercati esteri. Non si parla solo di master (per i quali il CUOA ha comunque un rating al livello delle più grandi scuole italiane) ma proponiamo anche prodotti di utilizzo più immediato (corsi di alta formazione flessibili e su misura di pronta fruizione per l’azienda). Proponiamo intelligenza e sapere. Oggi abbiamo un ‘club’ di aziende alle quali offriamo condizioni vantaggiose e alle quali, contestualmente, offriamo servizi erogati a seconda delle loro caratteristiche. CUOA ha, altresì, un rapporto privilegiato con le università fondatrici.
Quanto è rilevante, per lei, la relazione arte – impresa anche e soprattutto alla luce della sua vicenda imprenditoriale?
Il tema è lo stimolo del bello, nel senso più ampio del termine, sotto le più disparate forme, a partire dalla forma più semplice del possedere qualche bell’oggetto, sino ad investire anche la considerazione più ampia di volumi e gli spazi. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che si è sempre dedicata al mecenatismo culturale e ha avuto abitazioni con oggetti belli, che raccontano una vicenda di gusti ed investimenti. Anche io acquisto opere d’arte e ciò mi emoziona, mi infonde gioia di vivere. In generale condivido la definizione di imprenditore di Luigi Einaudi, il quale osservava che l’imprenditore è colui che agisce mosso da una speciale fiamma che lo spinge a produrre oggetti e prodotti sempre più belli[iii] Basti guardare alla Fondazione Bisazza, che ha trasformato una ex area industriale in un luogo di rara bellezza[iv] . Le opere d’arte della collezione Marzotto degli anni ’60 -oltre 110-, sono state stimolate dalla fiducia concessa a giovani artisti come Lucio Fontana o Francis Bacon. Le aziende floride annoverano imprenditori che possiedono cultura ed intelligenza e, contestualmente, visioni da grandi mecenati, ed è logico aspettarsi delle belle sedi e investimenti. Il bello e buono deve continuare a generare bello e buono.
Dal 2013 è stato nominato presidente di Fiera di Vicenza, il cui piano strategico è connotato dal motto Connecting the world. Quale sintonia, per lei, con queste parole? E, quindi, quale la portata dell’innovazione?
Ho sempre cercato di essere coerente con ciò che ho fatto, con serietà ed impegno. La Fiera mi affascina. Si tratta di un contenitore capace di “fare” diversi mestieri, completamente differenti tra di loro, ed esprimersi quale autentico ed anche molto concreto erogatore di servizi. Pensiamo che per il solo 2015 sono previste ben 14 fiere di diversa tipologia, dove cruciale resta saper cogliere le criticità di ogni mestiere, per poi successivamente ricreare presupposti dove domanda ed offerta si incontrino con successo. Il vecchio concetto di Fiera confinato al solo ambito di affittare spazi è oramai del tutto superato. Oggi occorre invece riempire di contenuti i propri prodotti fieristici: editoria, eventi, ‘format’, aggregazione ‘social’. Apprezzo particolarmente il potenziale espresso da Fiera di Vicenza con la sua tradizione di prodotti che per area tipologica sono vicini a settori di cui mi sono sempre occupato,: penso a gioielleria ed oreficeria, entrambi argomenti e settori estremamente fashion! Altrettanto stimolante è occuparsi del ‘well-done’, ovvero il ‘ben fatto’, che i più definiscono ‘made in Italy’. Ritengo che Vicenza ne sia la capitale, due dati su tutti: il 40 % della manifattura del lusso mondiale nella filiera del fashion viene prodotta in Veneto, inoltre l’85 % delle esportazioni italiane passano attraverso il sistema fieristico italiano. Tutto ciò, unito al management preparato, nonché alla visione, che condivido, mi ha convinto ad accettare la presidenza di Fiera di Vicenza un’azienda dove si è specialisti nel ‘golden jewellery’ e nel ‘life-stile and innovation’, prodotti in cui il ‘ben fatto’ italiano è al centro.
Fiera di Vicenza[v] annovera, tra i settori strategici, quello orafo e gioielliero con due appuntamenti annuali a Vicenza che sono dei punti di riferimento imprescindibili per il comparto (VICENZAORO January e VICENZAORO September) e un appuntamento a Dubai (VICENZAORO Dubai) oltre all’organizzazione della presenza di aziende italiane su tutti i mercati principali del settore quali Mumbai, Hong Kong, San Paolo e Las Vegas. Quanta importanza assume attualmente il comparto orafo e gioielliero italiano? Quali caratteristiche può avere una nuova generazione di artigiani - orafi del ‘made in Italy’?
Questo comparto si caratterizza per un prodotto straordinariamente “fashion” con la necessità di essere supportato sia nella promozione che nella comunicazione dei suoi brand e valori. Il nostro compito è fornire gli i mezzi e strumenti per migliorarne in tal senso visibilità e diffusione
Sono convinto che esista una nuova generazione di artigiani – orafi di assoluta eccellenza. Dobbiamo formarli, raccontarne la specificità e la dignità, valorizzare il saper fare. La ricchezza dell’Italia è questa: cuore e testa concorrono ad incentivarla. E questi non sono slogan.
Fiera di Vicenza ha promosso il Museo del Gioiello, inaugurato nel dicembre 2014 nell’edificio della Basilica Palladiana ed un unicum nel suo genere. E’ nato da progetto in partnership con il Comune di Vicenza, il primo esempio in Italia. Possiamo affermare che sia un riconoscimento alla cultura d’eccellenza territoriale?
Il concetto è abbracciare la produzione mondiale della gioielleria e la sua storia, in maniera dinamica ed innovativa, perché ogni due anni si modifica totalmente l’esposizione. Gli oggetti vengono selezionati da esperti internazionali e provengono da collezioni di tutto il mondo, con la direzione della professoressa Alba Cappellieri, principale studiosa del gioiello in Italia (in 9 sale tematiche differenti sono esposti circa 400 gioielli[vi], ndr). Vi è uno spazio, in prossimità del bookshop, che può essere fruito per eventi particolari od esposizioni temporanee. Tutto ciò avviene all’interno dell’opera suprema di Palladio, la Basilica Palladiana appunto, l’architetto per antonomasia. Abbiamo chiesto al design internazionale Patricia Urquiola di rileggere questo meraviglioso spazio, attraverso una selezione di mobili di provenienza italiana, equilibrando il concetto di innovazione e tradizione attraverso un approccio dinamico ma, al contempo, filologico.
Per conoscerla meglio : quale è l’ultimo libro letto?
‘Sono ancora un uomo’, scritto da Laura Hillenbrand, dal quale è stato tratto il film ‘Unbroken’, che narra la vicenda vera e coraggiosa di un oriundo italiano, Louis Zamperini, di umili origini che è un talento assoluto nei 1500 metri piani. E’ un libro duro ma commovente.
Coltiva qualche passione collezionistica?
L’Ottocento italiano di mio nonno è leggendario. Personalmente ho ricevuto da mio padre, in dono, un quadro importante e da mia madre opere d’arte tra ‘800 e ‘900. Amo molto i lavori contemporanei, in particolare : Franco Angeli, Mario Schifano, Sandro Chia, Renato Guttuso, Enrico Baj.
[i]Il Premio Gaetano Marzotto, promosso da Associazione Progetto Marzotto, giunge nel 2015 alla sua quinta edizione.
[ii] La Fondazione CUOA nasce nel 1957 come scuola di specializzazione post-universitaria all'interno della Facoltà di Ingegneria di Padova. Nel 1970 muta il suo nome in “Consorzio Universitario” e, infine, diviene Fondazione nel 1997, con l’obiettivo di "rafforzare il legame con il territorio" e di sviluppare il ruolo di istituzione di alta formazione, sia in materia economico-aziendale che in altri settori culturali di rilevanza economica. Tra i propri soci, le Università degli Studi di Padova, Trento, Trieste, Udine, Ca’ Foscari Venezia, Verona e lo IUAV di Venezia, nonché imprese, associazioni di categoria, istituti di credito, enti pubblici. Opera in collaborazione con organizzazioni no profit, Università, Business School italiane ed estere.
[iii] Cfr. «Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno». Da Dogliani, Dedica all'impresa dei Fratelli Guerrino, 15 settembre 1960.
[iv] Fondazione Bisazza è uno spazio espositivo per raccogliere opere e installazioni di designer e architetti contemporanei che, nel corso degli ultimi vent'anni, hanno immaginato inedite applicazioni del mosaico, oppure che siano legate al mondo dell’architettura e design.
[v] Nelle due edizioni in Italia VicenzaOro accoglie oltre 3000 brand, di cui 2000 italiani, rappresentanti tutti i distretti produttivi nazionali e i migliori player a livello internazionale. Tra le 30mila visite ad edizione, circa il 50% è effettuato da operatori stranieri, provenienti da oltre 120 paesi. E’ punto di riferimento per tutta la filiera: gioielleria di alta gamma, oreficeria, componenti e semilavorati, diamanti e pietre preziose, tecnologie di lavorazione e packaging.
[vi] Il piano superiore del Museo del Gioiello presenta nove sale espositive incentrate su altrettante tematiche: Simbolo, Magia, Funzione, Bellezza, Arte, Moda, Design, Icone e Futuro. Le sale sono curate da esperti internazionali quali: Aldo Bakker, Gijs Bakker, Bianca Cappello, Franco Cologni, Deanna Farneti Cera, Graziella Folchini Grassetto, Stefano Papi, Maura Picciau e Paolo Maria Guarrera, Alfonsina Russo e Ida Caruso.