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Sustain-Ability: lo strumento di accountability del settore culturale promosso da Fondazione lettera27

  • Pubblicato il: 15/04/2016 - 16:01
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Monitoraggio, accounting, storytelling: con Sustain-Ability Fondazione lettera27 propone uno strumento per tutte le organizzazioni culturali basato sulla logica della Balanced Score Card, che aiuta in modo semplice, completo e flessibile ad analizzare i propri progetti, per costruire piani strategici e comunicare con gli stakeholder. Un percorso empirico per approfondire il tema dell’accountability del settore culturale, affrontato con un approccio olistico che tiene conto anche del risk management. Ne abbiamo parlato con il team di progetto, Adama Sanneh, Cristina Perillo, Nicola Rossi, Elena Argolini

 
Che cosa significa la sostenibilità per voi?
Difficile definire in modo puntuale un concetto che di per sé rappresenta un processo, una tensione verso, un obiettivo permanente. Il nostro approccio non prevede di trovare la soluzione alla generazione della sostenibilità per le organizzazioni culturali, ma cominciare un percorso, avviare un processo di auto-analisi nel quale andare avanti ad approfondire per trovare le risposte che nascono in base alle necessità contestuali. La sostenibilità è un percorso che si riadatta sull’organizzazione stessa. L’ideazione di questo progetto è nata nel 2013, quando stavamo attraversando una profonda fase di ripensamento e riposizionamento.  Adama era arrivato come consulente esterno per ridefinire il piano strategico della Fondazione lettera27 e ci ha condotti verso una auto-riflessione bottom up dall’interno. Ci siamo presi del tempo, rallentando un po’ le nostre attività, ma infine abbiamo formulato un nuovo piano strategico che abbiamo sottoposto poi al nostro Direttivo in maniera dialogica. Quando lo abbiamo messo in atto, usciva in quel periodo la call di Fondazione Cariplo che ci ha incentivato a scrivere il progetto Sustain-Ability. Ci serviva partecipare per ricevere un co-finanziamento, ma soprattutto per testare le ipotesi che avevamo fatto, e gli strumenti utilizzati. Senza bando saremmo comunque andati avanti in maniera empirica, ma in questo modo abbiamo fatto un passo intermedio: dalla prospettiva teorica del piano strategico e la sperimentazione empirica, abbiamo avviato la redazione di un documento di analisi dei tre principali obiettivi strategici per la sostenibilità della Fondazione lettera27, ovvero la comunicazione, il management organizzativo e il fundraising. Abbiamo capito che potevamo dare suggerimenti agli altri, condividere valore aggiunto anche grazie al coinvolgimento di altre professionalità.
 
 
 
Come è nato il progetto?
Già nel 2013 c’era un seme silente in Fondazione lettera27, da sempre sensibile al dialogo fra il mondo del sociale alle metriche dell’economia, per amplificare l’impatto dell’innovazione sociale attraverso approcci co-creativi, attraverso la ricerca. Poi le persone con le loro storie e background creano le condizioni possibili. L’incontro di Adama e Nicola, attraverso l’Associazione the Global Shapers, ha permesso di valutare l’introduzione di un approccio di risk management analitico al settore culturale, che normalmente non utilizza questi strumenti. Il driver dell’iniziativa è quello di fornire strumenti di auto-lettura, capaci di generare metriche leggibili sia per lo staff interno e per gli stakeholder.
 
 
 
Quali sono i modelli di riferimento del progetto?
Abbiamo compiuto un’ampia analisi di benchmark su 12 metodi, per individuare quello più adatto al contesto delle organizzazioni culturali.
La nostra scelta è caduta sulla Balanced Score Card, per via della sua completezza descrittiva che include tutte le aree di un’organizzazione, per la facilità del suo utilizzo e infine per la possibilità di essere fruita da persone né tecniche, né con background economici.
L’idea che ci ha condotti è quella di cercare un approccio olistico e non meccanicistico, trovando metriche che ci permettessero di vedere l’organizzazione nella sua interezza e di capire le interazioni di tutte le aree  generative di valore. Ogni ambito infatti produce impatti.
Una non profit culturale è osservabile non solo sulla sostenibilità economica, ma anche per la sua capacità di generare impatti. Un esempio per chiarirci: una non profit che bilancia i suoi conti, spendendo il 90% delle sue energie per fare fundraising invece che progettazione, è fragile. Incrociare queste dimensioni per restituire una fotografia ampia è lo scopo del nostro strumento, anche per facilitare l’auto-consapevolezza delle organizzazioni. Di fatto noi stessi ci siamo sottoposti a un percorso di auto-analisi per capire cosa significasse per noi essere sostenibili. In tre anni di costante confronto, aggiornamento cercando di innovare, co-progettare, trovare qualcosa di inedito che ci aiutasse a raccontarci, siamo venuti a questo esito. Ora lo vogliamo mettere a disposizione come best practice per altri. Non abbiamo soluzioni in tasca o cure specifiche, non stiamo nemmeno puramente applicando metodi del settore profit al non-profit. Non vogliamo dare risposte prima di averle, ma avviarci in un percorso di ricerca e ascolto. Un learning by doing costante. Tutti insieme lavoriamo per cercare miglioramenti. Un po’ come nel saggio «Effetto Medici» che descrive il contesto virtuoso creato dai Signori di Firenze, che avviando la stagione del Rinascimento: l’unione di intellettuali di varie estrazioni disciplinari, che non sapevano come fare per uscire dal Medioevo, ma riuniti a confronto inventarono un metodo con vari punti di vista.  Non è facile nel settore culturale dove l’inclinazione alla conservazione ha spesso chiuso opportunità di contaminazione e aggiornamento verso istanze innovative. La Balanced Score Card in questo senso lascia libertà completa all’organizzazione di approcciarla e completarla come ritiene, come gli urgente e necessario in quel momento.
 
 
 
Mi sembra di individuare la necessità di alcuni pre-requisiti affinché le organizzazioni culturali possano usare lo strumento e ripercorre il vostro percorso: una certa auto-consapevolezza; una visione inter-disciplinare; la capacità di analizzare il contesto; le persone in grado di condividere delle letture di contesto e poi una certa formazione al tema della sostenibilità. Non sempre nelle organizzazioni culturali si trovano tutte insieme….
È vero, ma proprio per questa ragione vogliamo partire da uno grado zero, dove daremo spazio al nostro storytelling, dove porteremo la nostra esperienza per condividerla con altre organizzazioni più o meno simili a noi. Proveremo a trasmettere questo messaggio, che l’autoanalisi è semplice se guidata da alcuni trucchi, è utile per superare momenti critici, nonché fondamentale per condurre la propria organizzazione con visione strategica. È vero che servono requisiti minimi, generativi. Oppure un innesco che orienti verso l’esame di questo tool, perché la perplessità e il tempo giocano contro. Ma il nostro sforzo è stato quello di creare la metrica anche per chi non ha tempo, non ha visione, non ha interesse. La strumento lavora sull’efficacia ed efficienza. Semplifica, accelera quanto già si fa. Sistematizza i dati in un unico posto. Nessuno perderà più tempo a cercare dati per rispondere ai donatori o per preparare presentazioni, perché il tool organizza le informazioni aziendali.
 
 
 
Come lo presenterete alle altre organizzazioni?
Informandole. Il primo contatto avviene con una telefonata e l’invio dell’ executive summary. Già a quel livello incontriamo difficoltà per le organizzazioni non guardano cosa hai mano. Non hanno motivazione nel guardare. Sono troppo impegnate su obiettivi specifici. Non hanno visione. In questo momento siamo unico stimolo. Ma dobbiamo creare consapevolezza sul tema, tavole rotonde, articolo, creare informazione. In questo caso sarebbe più facile…è anche vero che la necessità potrebbe favorirci. Ad esempio quando nella progettazione internazionale per l’ottenimento dei fondi è stato introdotto il quadro logico, tutti ci si sono misurati. In qualche modo, le urgenze pratiche di comunicare dati, analizzare impatti che sempre più sono richiesti nei bandi culturali, necessariamente orienterà verso l’utilizzo dei tool
 
 
 
Come è organizzato lo strumento di analisi?
Lo strumento è diviso in 5 aree di analisi e organizzato in un file excel con schede: 1. Finance che raggruppa le info sugli aspetti economici; 2. Stakeholder dove si analizzando tutti i portatori di interesse legati al progetto; 3. Internal, ovvero la gestione, il management, lo staff dell’organizzazione; 4. Innovation and Learning, dove sono raccolte informazioni di staff development, processo futuro o innovazione; 5. Mission/Impact, fondamentale per Terzo Settore che fa di questo tema la sua caratteristica. Ciascuna di esse è poi suddivisa per sotto-capitoli più dettagliati. Non è obbligatorio compilare tutto, ma quanto è ritenuto prioritario all’organizzazione. In base all’area scelta, viene descritto in modo molto sintetico e intuitivo. Un cappello introduttivo propone alcune domande: ti serve rispondere a quell’area o meno? Che cosa è più strategico per te ora? In base alla risposta, l’organizzazione comincia ad orientarsi. Non è necessario ci sia un tecnico di area per rispondere. Insieme vengono fornite le linee guida che spiegano il materiale fornito, un glossario per aiutare all’orientamento. Per ogni area ci sono poi altre schede suddivise al massimo in 4 indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicator) che aiutano a misurare, fotografare, approfondire, sottolineando punti di forza e debolezza. Il tool è snello, usabile, guidato, veloce, ma è adattabile alle organizzazioni stesse che lo usano, che possono condividerlo per una riflessione corale interna attraverso la co-progettazione stessa delle aree di indagine.
È un’infrastruttura per organizzare le idee per proiettarsi nello futuro sviluppo organizzativo. È un luogo dove mettere le intuizioni di tutto lo staff, per sistematizzarle, senza la pretesa che sia esaustiva. In automatico, man mano si implementa in data entry, genera anche i grafici, per monitoraggi e misurazioni percepibili sia per se stessi, ma anche strumento per comunicare fuori. La sua diffusione potrebbe generare un terreno comune e trasversale dal quale partire per una narrazione più profonda e ampia del settore e diffondere l’attitudine all’analisi e monitoraggio.
Per Fondazione lettera27 è stato uno strumento per ripensarsi e riposizionarsi, ma anche per sforzarsi di raccontare che cosa è sostenibilità e impatto dal suo punto di vista. Questo percorso è il valore aggiunto che vuole condividere.
 
 
 
Con chi lo state testando?
In seno al progetto supportato dal Bando di Fondazione Cariplo, abbiamo scelto tre organizzazioni con le quali entro giungo chiuderemo il test. Per ora abbiamo individuato ATIR-Teatro Ringhiera e l’Associazione Connecting Culture. Stiamo individuando la terza. Abbiamo coinvolto un campione interdisciplinare, che avesse in qualche modo già lavorato sul tema della sostenibilità, avesse disponibilità di dati per gli ultimi due anni di esercizio e volontà di condividerli, una certa dimensione economica. Abbiamo fatto un incontro formativo nel quale presentare lo strumento a tutto lo staff interno, raccontando la nostra esperienza, l’impegno profuso e i risultati. Infine abbiamo siglato un accordo di collaborazione, nel quale ci siamo dati la possibilità di pubblicare gli esiti dello studio.
 
 
 
Cosa vi aspettate nel futuro quando il progetto sarà pubblico e il tool disponibile all’uso per tutti?
Ci piacerebbe ricevere feedback nel bene e nel male innanzitutto, ma anche che venga capito il nostro approccio sperimentale ed olistico. Non vogliamo finire in una manuale di tools, ma dare un segnale di dialogo che ci permetta di continuare a sperimentare e approfondire la tematica della sostenibilità. Siamo aperti anche ai remixaggi, ovvero attraverso il Creative Commons, lasciare che il tool si trasformi, pur mantenendo le linee guida. Auspichiamo migliaia di download che saranno il segnale dell’apprezzamento da parte delle organizzazioni culturali, che lo troveranno davvero utile.
 
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 Foto: Maurice Pefura, Portrait III, 2015