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Ogni giorno è la Giornata del Paesaggio

  • Pubblicato il: 20/03/2017 - 09:49
Autore/i: 
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Paolo Castelnovi

Il 14 marzo è stato festeggiato il Paesaggio, con tante iniziative, ma in particolare premiando a Roma chi ha progettato e chi ha gestito le iniziative più interessanti degli ultimi anni, quasi sempre a basso costo e alta partecipazione. Gente che costituisce una risorsa straordinaria, diffusa e inaspettata, che si dovrebbe evitare di disperdere

 

La tenacia di Ilaria Borletti e del team del Mibact che si occupa di Paesaggio ha prodotto, contro ogni corrente, un appuntamento interessante. La Giornata del Paesaggio, istituita quest’anno e celebrata in tutta Italia con 140 eventi, a testimonianza della vitalità delle Soprintendenze e del territorio, è stata segnata a Roma da gente allegra e da un piglio operativo che promette bene.
Si legge un messaggio del Presidente Sergio Mattarella che vale quelli di “Francesco”: dice cose che tutti dovremmo sapere, ma facciamo finta che siano novità.

Un paesaggio non più inteso come l’elenco di beni da preservare, ma esito di un processo creativo continuo, di adattamento e trasformazione dei territori, nelle campagne come nelle città…occorre diffondere una concezione del paesaggio come bene essenziale e valore non solo culturale ma civile ed economico, in grado di influenzare la qualità della vita individuale e il benessere sociale…..per tutelare e promuovere il paesaggio quale bene comune è necessario ripartire da una puntuale azione di programmazione delle politiche e delle scelte di gestione, basata sull’interazione tra Stato e livelli territoriali e su una attenta capacità di ascolto delle comunità locali. Proprio le tragiche vicende legate all’emergenza sismica dei mesi scorsi suggeriscono di ripartire dai luoghi, anche quelli più colpiti, per ridare loro nuova forma e vigore con l’attiva partecipazione delle popolazioni interessate e nel rispetto delle caratteristiche ambientali e culturali del territorio.

Il messaggio scavalca l’universo politico e burocratico, di quelli che “il paesaggio non si mangia” e di quelli che “a me interessa conservare il paesaggio d’eccellenza” e “i muri antichi vanno ricostruiti, doveste metterci 20 anni” e atterra sulla platea di quelli che “il paesaggio siamo noi che ci diamo da fare per un senso del bene condiviso e durevole”.
Al centro della Giornata il Premio del Paesaggio italiano, assegnato per la prima volta a chi è stato selezionato come candidatura italiana al Premio europeo, che il Consiglio d’Europa assegna ogni due anni ed è giunto ormai alla quinta edizione. E’ una buona pratica che distingue l’Italia: siamo gli unici a selezionare i candidati al Premio con un bando pubblico, il più possibile pubblicizzato, che raccoglie ogni anno 50-100 partecipazioni. Mentre gli altri paesi hanno svolto una procedura di selezione interna, non trasparente e poco pubblicizzata, in Italia si sono mobilitati in 10 anni oltre 300 enti tra pubblici o privati, sollecitati a esporre in una vetrina importante interventi che rispondono ai criteri europei: non solo qualificazione fisica di luoghi, ma anche sensibilizzazione, formazione, promozione della dimensione territoriale dei diritti umani e della democrazia.

Oggi si può tracciare un primo bilancio dei trend che le selezioni italiane al Premio hanno saputo sostenere, quasi delineando uno “stile”, un approccio innovativo al paesaggio come sistema di relazioni socioculturali, con molta partecipazione e ridotti interventi fisici, impegnato ma leggero, privo di ogni paludamento.

Sono stati candidati progetti integrati, di lunga lena e di costo basso, fatti di scoperte di risorse perdute e invenzioni continue, come il Parco dei Paduli, nell’ultimo Salento (2015), o di iniziative di rilancio di aziende agricole sequestrate alla mafia, come quella della Cooperativa di Libera nel corleonese (2013).
Sono scelte che hanno positivamente stupito la commissione del Premio europeo, dove si è sempre selezionato il candidato italiano ai primi posti, e soprattutto si è evidenziata la specificità del contributo italiano al Premio: dedicato al riscatto di territori periferici e risorse sottoutilizzate, culturalmente e politicamente impegnato, potente in crescendo, nel medio lungo periodo.

Le scelte di quest’anno non deludono le aspettative: il Premio è assegnato ad Agri Gentium, un programma complesso di attività che vivificano la Valle dei Templi di Agrigento, coordinate da Giuseppe Parello, direttore del Parco archeologico, con cui collaborano numerosissimi altri soggetti. Intorno al tema centrale dell’archeologia, declinato come motore di partecipazione e di formazione (con il coinvolgimento delle scuole, di cantieri sperimentali etc.) ruotano iniziative di valorizzazione delle aree rurali (dal FAI che ha recuperato i “giardini” di Kolymbethra, agli orti sociali assegnati in concessione su parti demaniali non impegnate nei cantieri archeologici) e di altre pratiche sociali che collegano il Parco archeologico alla città, superando decenni di antagonismo e di polemiche tra gli enti.

Anche le menzioni speciali sono all’altezza: Step (Scuola per il governo del territorio e del paesaggio della Provincia di Trento) viene segnalata per la strategia decennale di accompagnamento del Piano urbanistico provinciale, a cui la Scuola stessa è dedicata, che ha portato i temi del paesaggio e della gestione territoriale sui banchi di tutti gli studenti e sui tecnigrafi di tutti i tecnici della Provincia, con un lavoro di grande innovazione anche dal punto di vista metodologico e didattico (come ad esempio la promozione di un Premio del paesaggio delle Alpi che ha visto lo scorso autunno 80 partecipanti e la vittoria in uno dei settori, guarda caso, di Ostana).
Per il Parco nord Milano una sorta di premio alla carriera: un’operazione di recupero ambientale che dura da più di 40 anni condotta da sei comuni riuniti per bonificare e mettere a verde gli scampoli liberi e liberati della periferia industriale metropolitana (a partire da un’area dismessa della Breda), oggi ormai diventati bosco e laghi planiziali.
Infine un riconoscimento a Ostana, un comune dell’alta Valle Po, che un sindaco testardo ha riscosso dal declino e dall’abbandono riportando in vent’anni nuovi nati e attività nelle frazioni ormai deserte, oggi in gran parte recuperate da una nuova comunità di “ritornanti” e di nuovi abitanti, che scelgono consapevolmente quei luoghi e quindi intervengono sugli edifici e lo spazio comune con modalità contemporanee ma sobrie e rispettose dei caratteri tradizionali.
Inoltre dei quasi cento partecipanti sono stati segnalati per aspetti tematici altri 14 progetti, per la lotta all’abusivismo, gli esperimenti di relazione tra paesaggio e arte contemporanea, gli effetti ambientali connessi a quelli del paesaggio culturale, il contributo alla sostenibilità dello sviluppo locale e di nuovi modelli di gestione di imprese di interesse comune.

Insomma il 14 marzo si è tratteggiato un quadro intensamente propositivo, che rileva realtà diffuse sul territorio, meritevoli di una sorta di premio alla buona volontà, alla tenuta “ostinata e contraria” dei progetti in tempi difficili. Nella mattinata, in un paio di tavoli tecnici, abbiamo sottolineato sia le potenzialità del Premio in quanto osservatorio delle capacità diffuse sul territorio, sia il clima sereno e forte che si respira tra soggetti operativi, tra gente che è riuscita a realizzare, almeno in parte, un disegno di utilità collettiva.
Ma abbiamo anche evidenziato l’occasione unica, irrinunciabile, la responsabilità di chi ha ruoli centrali di mettere in circolazione queste intelligenze e queste volontà, di favorire le reti, le sinergie gestionali tra soggetti periferici, di alleviare il loro isolamento, la fatica di fare tutte le parti in commedia.
E’ lo stesso monito che ha concluso la Conferenza nazionale dei siti Unesco, dello scorso novembre (dove molti dei partecipanti erano presenti anche al Premio del Paesaggio, a cominciare dal vincitore, il Parco di Agrigento, che gestisce lodevolmente anche il sito Unesco), dove la domanda è stata di far circolare le buone pratiche, di superare le burocrazie alla luce delle situazioni reali, di potenziare i rapporti con gli operatori del territorio.

Dal territorio abbiamo ormai diffuse dimostrazioni di uno stile di intervento e di presenza che coniuga resilienza a innovazione, capacità gestionale e progettualità per il paesaggio, ma passata la Giornata del paesaggio ci dimenticheremo di loro, destinando briciole sempre più piccole di bilancio pubblico locale o centrale, attenzione sempre minore sui media, capacità relazionale sempre più scarsa.
E’ ora di fare una mappa, di mettere a disposizione una segreteria che favorisca gli interscambi, di rendere pubblicamente merito a quelli che ogni giorno è il Giorno del paesaggio.

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