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Marino Golinelli

  • Pubblicato il: 13/01/2012 - 09:32
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefano Luppi
Il dottor Marino Golinelli

Bologna. Marino Golinelli, 91enne imprenditore presidente del gruppo farmaceutico felsineo Alfa Wassermann, collezionista d’arte (nella sua casa convivono opere di Jeff Koons insieme a quelle della giovane trentina Laurina Paperina) e «animatore» della fondazione a lui intitolata, attiva dal 1988, si racconta a «Il Giornale dell’Arte».
Quali sono i motivi che l’hanno spinta, in questo periodo di crisi economica e sociale, a donare 20 milioni di euro del suo patrimonio personale alla Fondazione?
Proprio in un momento come questo è doveroso dare ai giovani un forte segnale di fiducia. Solo grazie alla cultura e allo sviluppo della creatività i giovani possono crearsi un bagaglio di strumenti e conoscenze adeguati ad affrontare positivamente la vita. La donazione serve a garantire il futuro delle attività della Fondazione che, contribuendo alla crescita culturale dei cittadini di domani, concorrono a rafforzare la coesione sociale indispensabile per lo sviluppo, in una logica di partecipazione democratica.
Lei ha parlato di un obiettivo primario: un «asse» tra Milano e Bologna in nome della scienza e della cultura. Come intende attuarlo?
Il programma pluriennale già avviato dalla Fondazione, «La Cultura nutre il Pianeta», coinvolgerà le città di Bologna e Milano, anche in vista dell’Expo 2015 che porterà nel capoluogo lombardo milioni di visitatori da tutto il mondo. In questa occasione auspico la creazione di una rete culturale fra le città italiane. Affronteremo in progressione i grandi temi riguardanti il futuro dell’uomo: energia, salute e alimentazione. Confidiamo che enti pubblici e istituzioni culturali importanti delle due città saranno al nostro fianco nella costruzione di questo piano ambizioso. Abbiamo già attivato numerose partner-ship, a partire da Triennale di Milano e Fondazione Corriere della Sera.
Ci racconta alcuni progetti intrapresi dalla sua Fondazione?
Le principali iniziative sono i centri permanenti di formazione e didattica informale, «Life Learning Center» e «Start-Laboratorio di Culture Creative». E la manifestazione di diffusione della cultura scientifica «Arte e Scienza in Piazza», che avrà come tema di questa edizione le età dell’uomo, filo conduttore anche della mostra di arte e scienza «Da 0 a 100», a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella, da noi prodotta con la Triennale di Milano (a Bologna dal 2 al 12 febbraio; a Milano dal 23 febbraio al 28 marzo: cfr. «Vedere a Bologna» allegato a questo numero, Ndr). Un percorso narrativo, estetico e di conoscenza attraverso gli occhi di grandi artisti contemporanei e di exhibit scientifici che illustrano come e perché la nostra vita è cambiata. Il concept dell’allestimento è di Iosa Ghini Associati. Il 28 gennaio a Bologna è prevista un’anteprima serale aperta al pubblico nell’ambito di Art White Night di ArteFiera Art First.
Lei non ama essere definito mecenate, preferisce filantropo. Perché?
Perché i mecenati spendono soldi e basta. Io invece ho voluto che la Fondazione che porta il mio nome avesse un assetto istituzionale di ispirazione anglosassone e di carattere filantropico: un’impresa sociale il cui prodotto, il cui dividendo e il cui profitto finale sono l’educazione, la formazione, la cultura e la crescita della società.
Quali sono le tappe salienti della sua vita imprenditoriale e di amante delle arti e delle scienze?
La mia esperienza d’imprenditore è stata fortemente influenzata dalla mia formazione scolastica, dagli studi di Chimica alle scuole medie superiori fino alla facoltà di Farmacia. Da questo percorso è scaturita la volontà di investire nei «farmaci per la salute dell’uomo», che ha portato alla creazione di Alfa Wassermann. Ho iniziato la mia attività con pochi mezzi finanziari e ho fatto un po’ di fortuna, e secondo lo spirito «laico-calvinista» che mi caratterizza ritengo che si debba restituire alla società ciò che la società ci ha dato. Così oltre 20 anni fa ho creato questa Fondazione per fornire attraverso progetti originali di formazione e didattica informale un supporto alle giovani generazioni. Gli ulteriori sviluppi del mio progetto sono stati segnati dalla convinzione che la cultura sia una e una sola e che debba coniugare in sé tanto la visione scientifico-critica quanto quella artistico-umanistica.

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da Il Giornale dell'Arte numero 316, gennaio 2012