L'importanza delle radici
Moda e dintorni. Ripartire dall’etimologia. Abitare, abitudine e abito hanno radice comune. Per questo la risposta alla crisi e l’adozione di modelli di comportamento sostenibile passano inevitabilmente anche attraverso il vestire, per una produzione e un consumo consapevole, nel rispetto dell’ambiente. Un’attenzione che caratterizza pratiche diffuse. Tra queste, Cittadellarte con il pensiero visionario e apertore di brecce di Michelangelo Pistoletto, porta avanti il progetto BEST Bio Ethical Sustainable Trend
«Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo». Queste le parole di Pier Paolo Pasolini nella sua ultima intervista a Furio Colombo, il giorno della sua uccisione (1 novembre 1975, La Stampa)
Un presagio ma anche l’espressione del pensiero di un poeta che, prima di tutti e meglio, denunciò le insidie che si celavano dentro le parole sviluppo e progresso.
Viviamo una discrepanza tra produzione, narrazione e rappresentazione. Una sperequazione tra le azioni che l’uomo produce e l’effetto che queste hanno sull’ambiente, aggravando quella profonda lacerazione tra natura e artificio che la modernità si è portata dietro.
Che fare?
Nella «liquidità» contemporanea, la possibilità di una cura dell’afasia diffusa impone un ripensamento che coinciderà con la parola ri-uso, nella sua accezione di recupero (di senso), traduzione, riconversione. In una parola trasformazione.
«E pur si muove!». Adagio, ma andante.
Micro-trasformazioni, attivate da un sottobosco vitale di esperienze, di pratiche che operano in difesa dei territori, nell’accezione di spazi fisici e sociali complessi, stratificati e polisemici, e attraverso un agire consapevole e accorto, sono in atto.
Un percorso, un processo, un flusso continuo che possa permetterci di uscire dallo stato di inerzia, per un cambiamento radicale di sguardo e prospettive, tessendo, attraverso lo scambio e l’incontro, nuove relazioni, spaziali, sociali e mentali. Un nuovo paesaggio.
Una rivoluzione ci salverà?
Nel suo ultimo libro dal titolo (nella versione italiana) «Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile» (ed. Rizzoli, 2015), Naomi Klein, l’autrice del fortunato «NoLogo», afferma che il clima è la chiave per rovesciare il sistema dominante del profitto, quell’ideologia capitalista estrema e fondamentalista che sta distruggendo l'umanità.
«Quale è lo scopo dell’economia?, si chiede sulle pagine del Manifesto[1]. Se l’obiettivo è solamente la crescita, che troppo spesso viene confusa con il progresso, siamo fuori strada. Lo scopo dev’essere invece un sistema economico che protegga e favorisca la vita sulla Terra. Per questo non mi convince la definizione di «decrescita», perché ti fa pensare che tutto debba essere contratto, quando invece non è così. Ci sono cose che, per forza, dovranno essere drasticamente limitate, e cose che hanno al contrario un’enorme possibilità di espansione. Ci sono professioni come i lavori di cura, i lavori creativi, che sono già a bassissimo consumo di risorse non rinnovabili, a bassissimo livello di emissioni, e sulle quali si può investire moltissimo. L’approccio all’economia dev’essere sempre strategico: da un lato ridurre ciò che è nocivo, dall’altro ampliare ciò che c’è di positivo».
Finita, rovinosamente, l'era del «pensiero unico monetarista», esistono risposte, alternative?
Un’altra economia è possibile?
La risposta va cerca nei movimenti – dice Klein – capaci di fare fronte comune contro la «shock economy».
Ripartire dalle pratiche e dalle (h)abitudini
Una risposta ottimista ma anche tangibile, che riguarda – anche in Italia[2] – molti aspetti del reale, dal ritorno alla terra alla sharing economy, alla sperimentazione di nuovi modi di distribuzione e consumo, alla mobilità alternativa.
Il movimento di rivoluzione della Terra, da cui dipende, il susseguirsi delle stagioni è un processo lungo, quasi impercettibile, ma fondamentale per la sopravvivenza del pianeta.
Ugualmente, anche se spesso non trovano spazio nell’informazione main stream, esistono, si contaminano, si diffondono esperienze di «cambiamento e trasformazione» che investono molti aspetti della vita, per abitare in maniera «altra» il mondo che ci ospita.
Abitare (aver consuetudine di un luogo) ha la stessa radice di abitudine e di abito (ciò che siamo soliti avere con noi a portarci dietro continuamente).
Una consuetudine che può innescare uno stretto legame tra luoghi, costumi e corpi e essere generatrice di un cambiamento che passa inevitabilmente anche attraverso il nostro modo di vestire, attraverso una moda etica e responsabile.
Un’attitudine che declina diversamente il valore metaforico e concreto dell’abbigliarsi e cerca nuove strade per coniugare estetica e etica, valorizzando la manualità, la creatività, l'auto-produzione, l'uso di materiali ecologici, la trasformazione di materiali di scarto, il recupero di modelli di lavorazione artigianale.
Un’attitudine verso un consumo consapevole che è il leti motiv che guida da sempre la poetica dell’artista Michelangelo Pistoletto e della sua Fondazione Cittadellarte che, con i suoi «uffizi», e con il Terzo Paradiso[3] – il progetto per un’opera d’arte aperta e globale, invito a compiere azioni per un equilibrio tra natura e artificio – pone l’arte al centro di una trasformazione sociale responsabile che investe tutti i campi della vita e, tra questi, anche la moda.
Cittadellarte Fashion B.E.S.T.
Cittadellarte Fashion B.E.S.T. dal 2009 si dedica allo sviluppo della sostenibilità bio-etica nell'ambito del settore tessile, con una costante attenzione all’eccellenza produttiva della filiera tessile biellese, riunendo in una piattaforma decine di aziende produttrici di tessuti[4], filati e accessori ecosostenibili, mettendo in dialogo produzione e consumo e perseguendo una sostenibilità ambientale.
Con l’obiettivo di sensibilizzare ad una produzione, una distribuzione e un uso consapevole del vestire, Cittadellarte Fashion B.E.S.T. promuove iniziative pubbliche di sensibilizzazione al consumo responsabile e progetta, insieme a giovani fashion designer, collezioni basate sull’ecosostenibilità e sulla responsabilità.
«Attraverso un’azione culturale e trasformativa che comporta non solo una lettura innovativa della moda ma soprattutto un impegno a declinarla nella pratica, Cittadellarte costituisce nel 2009 la piattaforma BEST Bio Ethical Sustainable Trend, ci dice Olga Pirazzi, responsabile del progetto per Fondazione Pistoletto. Un laboratorio che riunisce imprese della filiera della moda ( dai filatori e tessitori fino ai label protagonisti sul mercato finale) sotto il comune obiettivo di rendere il settore del fashion esempio di sostenibilità; dunque rendere massimamente attraente la moda sostenibile, non solo come trend passeggero, ma come corrente profonda e costante. Infatti il laboratorio B.E.S.T. diventa scuola, centro di produzione, di ricerca e seminari, di divulgazione e di progettazione di eventi».
Lo scorso 21 marzo, solstizio di primavera, in occasione della Giornata Internazionale delle foreste, incentrata sulle fibre innovative ricavate dalle foreste e su come queste possono divenire parte dell'industria della moda e del ciclo di produzione e vendita, al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra, UNECE e Cittadellarte hanno collaborato per realizzare l'evento FASHION FOR FORESTS - FORESTS FOR FASHION: abiti, sculture, alberi, conferenze, danza, performance nello spazio pubblico.
«Gli abiti sono realizzati da un pool di giovani fashion designer formati alla sostenibilità e capaci di utilizzare prevalentemente viscosa e altre fibre di derivazione forestale.
L'iniziativa ha portato a una sfilata di capi disegnati e realizzati ad hoc e presentata con una performance di danza contemporanea e un flash mob con la partecipazione delle scuole della Città nella piazza Plan Palais, nel centro di Ginevra, e a una conferenza in una delle sale della sede ONU a cui hanno partecipato rappresentanti di tutti gli anelli della filiera che congiunge le radici degli alberi ai frutti degli stessi, cioè i retailer che collocano sul mercato finale abiti e confezioni realizzate con fibre di derivazione forestale».
Interpretare il mondo è già trasformarlo
Se il termine «decrescita» e la sua riattualizzazione, nella denuncia dell’impostura dello sviluppo duraturo è spesso provocatorio e usato impropriamente e sovente, è però vero che in un periodo di «riflusso» rivoluzionario, come affermava Cornelius Castoriadis, interpretare il mondo è già trasformarlo.
Mettere in evidenza, svelare le significazioni immaginarie sociali sottese all’ordine delle cose, costituisce un primo passo verso la sovversione dell’eteronomia, decolonizzando gli immaginari.
Se la crescita è una credenza e lo sviluppo una significazione, così come il progresso e l’insieme delle categorie che sono alla base dell’economia, per uscire da essi, abolirli e superarli, occorre cambiare immaginario.
«Quello che è necessario è una nuova creazione immaginaria di proporzioni sconosciute nel passato, una creazione che mette al centro della vita umana altre significazioni che non siano l’espansione della produzione e del consumo, e che pongano obiettivi di vita diversi […]. Dovremmo volere una società in cui i valori economici non siano più centrali (o unici), in cui l’economia sia rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo, in cui si rinunci alla corsa folle verso un consumo sempre maggiore. Questo è necessario non solo per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre, ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale degli umani contemporanei[5]»
Occorre, dunque, agire in modo autonomo, e quindi critico e responsabile, con l’obiettivo di ripensare in maniera «altra» il nostro modo di abitare per una rinascita globale e un rinnovato equilibrio – urgente quanto necessario – tra natura e artificio.
Se prenderemo sul serio il poetico
Una rinascita e un abitare che passano inevitabilmente attraverso l’arte e la poesia, come suggerisce il commento di Heidegger[6] alla poesia di Hölderlin: «è il poetare che, in primissimo luogo, rende l'abitare un abitare. Poetare è l'autentico far abitare (...) Noi abitiamo poeticamente? Probabilmente noi abitiamo in un modo completamente impoetico (...) Il fatto che abitiamo in modo impoetico, e fino a che punto, lo possiamo esperire in ogni caso solo se sappiamo il poetico. Un rovesciamento di questo abitare impoetico, se e quando accadrà, possiamo sperarlo solo se manteniamo l'attenzione rivolta al poetico. Come e fino a che punto il nostro fare e non fare possa aver parte in questo rovesciamento possiamo provarlo solo noi stessi, se prenderemo sul serio il poetico».
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[1] Beppe Caccia, Naomi Klein: “L’austerity inquina il pianeta, Il Manifesto, 4 febbraio 2015
[2] Daniel Tarozzi, Io Faccio Così. Viaggio nell’Italia che cambia, Ed. Chiarelettere
[3] È la fusione tra il primo e il secondo paradiso. Il primo è il paradiso in cui gli esseri umani erano totalmente integrati nella natura. Il secondo è il paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana attraverso un processo che ha raggiunto oggi proporzioni globalizzanti. Questo paradiso è fatto di bisogni artificiali, di prodotti artificiali, di comodità artificiali, di piaceri artificiali e di ogni altra forma di artificio. Si è formato un vero e proprio mondo artificiale che, con progressione esponenziale, ingenera, parallelamente agli effetti benefici, processi irreversibili di degrado a dimensione planetaria. Il pericolo di una tragica collisione tra la sfera naturale e quella artificiale è ormai annunciato in ogni modo¹.
Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura e la politica a restituire vita alla Terra, congiuntamente all'impegno di rifondare i comuni principi e comportamenti etici, in quanto da questi dipende l'effettiva riuscita di tale obiettivo. Terzo Paradiso significa il passaggio ad un nuovo livello di civiltà planetaria, indispensabile per assicurare al genere umano la propria sopravvivenza. Il Terzo Paradiso è il nuovo mito che porta ognuno ad assumere una personale responsabilità in questo frangente epocale. Il Terzo Paradiso è raffigurato simbolicamente da una riconfigurazione del segno matematico dell'infinito. Con il “Nuovo Segno d’Infinito” si disegnano tre cerchi: i due cerchi opposti significano natura e artificio, quello centrale è la congiunzione dei due e rappresenta il grembo generativo del Terzo Paradiso. (Michelangelo Pistoletto, Manifesto del Terzo Paradiso)
[4] Hanno aderito alla piattaforma B.E.S.T: Astarte s.r.l., Alcantara S.p.A., Antares s.r.l., Avia S.p.A., Berto E.G., Industria Tessile S.p.A., Borrello & Co., Botto Giuseppe S.p.A., Botto Poala S.p.A., Brugnoli Giovanni S.p.A., Candiani S.p.A., Conjugi Eger s.r.l., Crespi 1797 S.p.A., DBT Fibre S.p.A., Erica Industria Tessile S.p.A., Ermenegildo Zegna Holditalia S.p.A., Feltrodiro di Rosanna Bassani, Filati Maclodio S.p.A., Filatura e Tessitura di Tollegno S.p.A., Filatura di Trivero S.p.A., Filatura Pettinata Mello, Forza Giovane Decor s.r.l., Gruppo Colle s.r.l., Iafil S.p.A., L.C.T s.r.l., Lane Bottoli s.r.l., Lanificio Cariaggi S.p.A., Lanificio Fratelli Cerruti S.p.A., Lanificio Guabello Divisione della Marzotto S.p.A., Lanificio Puro Tessuto S.p.A., Lanificio Subalpino s.r.l., Lanificio Zignone S.p.A., Le Cose di Eugenio Vazzano, LineapiS.p.A., Loro Piana S.p.A., Manifattura Sesia s.r.l., Marchi & Fildi S.p.A., Marini Industrie S.p.A., MV 1843 s.r.l., Miroglio Textile, Paolo Gilli s.r.l., Plebani Giuseppe s.r.l., Safil S.p.A., Successori Reda S.p.A., Taborelli s.r.l., Tessitura Ubertino s.r.l., Tintoria di Quaregna s.r.l., Torcitura Padana S.p.A., Vimar 1991 S.p.A., YKK Italia S.P.A., Zegna Baruffa Lane Borgosesia S.p.A.
[5] C. Castoriadis, La montée de l’Insignifiance, 1996
[6] Martin Heidegger, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976