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Le fondazioni d’arte in America Latina. Da una prima mappa selezionata emerge come la cultura sia fattore di inclusione e trasformazione sociale

  • Pubblicato il: 31/08/2012 - 16:42
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Eugenia Bertelè

L’area di interesse di questa prima analisi è quell’immensa parte di terra che si suole racchiudere nella denominazione di America Latina, un continente eterogeneo, a sua volta suddivisibile geograficamente in Sud America e Centro America.
La nostra ricerca parte da una mappatura di 76 fondazioni che si occupano d’arte e cultura in 20 paesi: Argentina, Brasile, Bolivia, Cile, Colombia, Cuba, Costa Rica, Guatemala, Ecuador, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Portorico, Repubblica Dominicana, San Salvador, Venezuela, Uruguay e Spagna.
Molte sono le ragioni dell’adozione dell’istituto giuridico della fondazione, per natura senza scopo di lucro, seppur nei diversi ordinamenti, ma in primo luogo è il filtro della responsabilità sociale con la quale le imprese interpretano il loro rapporto con la società: contribuire allo sviluppo socio-culturale del paese, godendo nel contempo di una defiscalizzazione. La cultura propria dell’azienda e del/dei suoi fondatori ha una ruolo centrale. In casi come quello della fondazione/collezione Jumex (Messico), o della Cisneros (Venezuela) il discorso si spinge più in là, poiché la loro azione prende corpo da una passione autentica per l’arte (che trova conferma nelle meravigliose collezioni create negli anni insieme a curatori d’eccellenza) e a una coscienza sociale che attribuisce all’educazione il valore più alto nel processo dello sviluppo umano, o in altri casi, come quello della Fondazione Telefonica (Spagna) poiché l’operato trova profonda corrispondenza con l’attività dell’impresa (comunicazione e tecnologia) e le sue applicazioni vengono convertite in azioni di pubblica utilità.
Alla luce dei dati raccolti, la situazione dell’America Latina sembra avere analogie con l’Europa: l’impiego di questa forma giuridica si è rivelato efficace nella gestione delle attività di tipo culturale che il Pubblico ha difficoltà a sostenere e che, nella maggior parte dei casi, non consente una remunerazione capace di garantirne la sopravvivenza
La differenza più significativa si rintraccia, più che nell’utilizzo della forma giuridica della fondazione, nella destinazione d’interesse del fondo. La prima missione delle fondazioni in America Latina è, infatti, quella sociale poiché, nella maggior parte dei casi, sono di quest’ambito le problematiche più urgenti da risolvere. L’investimento in cultura è da leggersi più come una forma di integrazione e sviluppo sociale.
In alcuni paesi presi in analisi si nota l’assenza di fondazioni private dedicate all’innovazione culturale e ci si limita ad osservare l’operato di quegli istituti che garantiscono l’amministrazione del patrimonio (ad. es. in Bolivia le maggiori istituzioni culturali e musei del paese sono gestite dalla Fondazione della Banca Centrale dello Stato e non si sono riscontrate fondazioni private dedicate allo sviluppo della cultura se non facenti capo ad altri paesi come la spagnola Fundación BBVA).

L’avvio di questa mappatura parte dalla Spagna poiché è il paese che mantiene tutt’oggi una relazione privilegiata con i paesi latini per ovvie ragioni storiche e culturali (partendo dalla lingua fino ad arrivare alle reti di relazioni intessute durante l’epoca coloniale).
Se per un verso la Spagna costituisce il referente europeo dell’America Latina, l’anello di congiunzione, è anche vero che oggi, la difficile situazione economica mondiale si basa più che mai sulla forza delle alleanze strategiche. Al di là quindi dell’aspetto più umanitario e filantropico si ha tutto l’interesse a consolidare la base di una cultura comune con paesi che sono ricchi di materie prime e in fase di crescita economica.
Forse in questo quadro il paese che più fa eccezione è il Brasile poiché risulta essere il più indipendente, l’unico a poter godere dell’eredità di una politica culturale radicata (basti pensare che la Fondazione della Biennale di San Paolo venne costituita nel 1962, undici anni dopo che già il paese si presentava al mondo come la vetrina dei movimenti dell’arte contemporanea al di là dell’Atlantico).
Altri paesi del Sud America come l’Argentina o il Cile (che sono tra i più avanzati), che possono godere in misure differenti delle proprie tradizioni di politica culturale, devono fare i conti con un passato di politiche dittatoriali che in qualche modo li accompagna e li conduce ad un ritardo rispetto ad esempio a paesi come gli Stati Uniti o la Germania dove la cultura è uno degli asset portanti dei governi.
Al fine di attualizzare il discorso e di enucleare il rapporto di interdipendenza che esiste tra cultura e politica è interessante notare quanto succede, a Cuba, dove attualmente la figura della fondazione autoctona esiste, ma conta di una presenza sporadica (sono molte più, invece, le fondazioni internazionali che operano in favore della cultura dell’isola).
È un dato certo che Cuba è stata caratterizzata negli ultimi cinquanta/sessant’anni da un’importante produzione culturale. Il sistema politico che la governa ha fatto sì che nascessero costantemente strati di sottoculture dissidenti. Ecco perché esistono fondazioni di tutto rispetto come la Ludwig Foundation di Aquisgrana o la Farber Foundation (Stati Uniti) che hanno scelto di dedicare il proprio lavoro alla promozione e all’internazionalizzazione di questa cultura.
A seguito di queste prime considerazioni sulla politica vs cultura è altrettanto doveroso sottolineare un fattore forse scontato ma determinante: la ricchezza e il benessere del paese come fattore differenziale.
La mappa si infittisce in paesi come Messico, Brasile, Argentina, Venezuela, Cile e si fa sottile in altri meno sviluppati.
Ugualmente, si può affermare che in tutti i casi affrontati si possono rintracciare realtà interessanti (a volte sorprendenti), quando non provenienti da grossi capitali come quelli bancari o aziendali, ma derivanti da patrimoni privati e da un prassi prettamente filantropica. Ad esempio la Fundación CLIC, nata nel 2002 in un paese come il San Salvador, chiama all’attenzione poiché ha scelto di intraprendere un difficile cammino, quello dell’applicazione di tecnologie digitali al campo della cultura, con la felice conseguenza di essere stata riconosciuta dallo Stato come un ente di pubblica utilità.
Esplorando il complesso delle attività che si generano a partire dal lavoro di tutte le tipologie di fondazioni investigate si arriva a leggere una grossa fetta di ciò che  accade a livello culturale in questi paesi, tutt’altro che sussidiaria. Il lavoro indipendente delle fondazioni private e le collaborazioni che esse instaurano con il pubblico consentono di sviluppare molto più rapidamente il settore della cultura, quando anche, come detto sopra, la prima preoccupazione rimanga la tutela dei diritti di base.
La fondazione sembra essere ad oggi una risposta efficace per contrastare il difficile compito del finanziamento della cultura e dell’educazione in paesi complessi e polarizzati come quelli dell’America Latina, benché il cammino sia ancora lungo per una grossa parte delle realtà prese in esame (San Salvador, Nicaragua, Guatemala, Ecuador, Bolivia…ecc).

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