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LA SCUOLA CHE VORREI. LE FONDAZIONI IN CAMPO

  • Pubblicato il: 18/07/2017 - 18:33
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Annalisa Cicerchia

Nell’economia della nostra era, il capitale umano è un fattore essenziale di adattamento e sviluppo. Averne cura e sostenere in ogni modo il potenziale di intelligenza, creatività e capacità di bambini, adolescenti e giovani è il solo modo di garantirsi il futuro. I dati per l’Italia, però, raccontano una storia preoccupante. Il 15% dei giovani tra i 18 e i 24 anni non consegue il diploma superiore e lascia prematuramente ogni percorso di formazione. La dispersione scolastica, nonostante si sia ridotta dal 20,8% del 2006 all'attuale 14,7%, è ancora troppo alta. Le zone più povere, dove è minore l'accesso a libri, biblioteche, musei, rete dei servizi per la prima infanzia, sport, accesso digitale, sono ovviamente colpite da tassi elevati di abbandoni e di livelli critici di conoscenza. Una vera emergenza, che tuttavia richiede soluzioni di grande respiro strategico e culturale. Il mondo del non profit e il settore culturale e creativo si stanno mobilitando per offrire il loro contributo.
 


 
Il Rapporto 2017 di Save the Children mette in luce come un adolescente che vive in Campania ha quasi il doppio di probabilità di non raggiungere le competenze minime in matematica, rispetto ad un coetaneo che vive in Lombardia (36% contro 19%), ed il triplo rispetto ad un quindicenne della Provincia Autonoma di Bolzano (12%) e Trento (13%). Per la lettura, in Campania si concentra il 31% di alunni in svantaggio educativo, il 15% in Lombardia, il 14% a Bolzano e l’11% a Trento.
Le indagini dell’Istat e dell’OCSE concordano nel concludere che la povertà economica ed educativa dei genitori viene trasmessa ai figli, che a loro volta saranno, da adulti, a rischio povertà ed esclusione sociale. Il rapporto OCSE Education at Glance del 2016 indica l’Italia come uno dei paesi a più bassa mobilità educativa, cosicché appena l’8% dei giovani italiani tra i 25 e 34 anni con genitori che non hanno completato la scuola secondaria superiore ottiene un diploma universitario (la media OCSE è del 22%). La percentuale sale al 32% tra i giovani con genitori con un livello d’istruzione secondario, e raggiunge il 65% tra coloro i quali hanno genitori con diploma universitario.
La povertà cognitiva compromette le capacità cosiddette “non-cognitive”, come il piacere di stare con gli altri, la capacità di vincere la solitudine, di stare bene a scuola, e perfino la motivazione nel perseguire uno scopo nella vita, la voglia di cogliere opportunità per crescere educativamente. E’ una spirale perversa. Le difficoltà che gli adolescenti incontrano nel relazionarsi con se stessi e con gli altri, la mancanza di stimoli motivazionali, accrescono la loro privazione educativa.
La deprivazione educativa non si limita solo alla scuola e riguarda anche gli altri ambiti di vita dei minori: meno di 1/4 i bambini e gli adolescenti in Campania fa sport continuativamente, il 31,2% in Puglia, il 32% circa in Calabria e Sicilia, a fronte del 61,6% in Valle d’Aosta; appena il 16% dei minori campani ha visitato un monumento nell’ultimo anno, e ancora meno ragazzi in Calabria - il 12% - ha provato l’emozione dell’incontro con il nostro patrimonio storico-monumentale; colpisce che nel paese che primeggia nel mondo per opere d’arte, nessuna regione italiana veda almeno il 50% dei suoi minori visitare un monumento nel corso di un anno (al massimo si arriva al 43,4% della provincia autonoma di Trento mentre il Lazio si ferma al 33,8% e la Toscana al 27,4%). Il confronto fra dati sulla partecipazione e la pratica culturale nel 2008 e nel 2016, nel Rapporto Istat 2017, documenta come i soggetti che già esprimevano livelli di attività più deboli si siano ulteriormente estraniati, cosicché il tasso di non partecipanti assoluti è andato crescendo. Chi era indietro è rimasto ancora più indietro.
Nelle aree metropolitane, per una pluralità di motivi sociali, culturali ed economici, la situazione tende ad aggravarsi. L’ultimo studio disponibile su disagio e povertà minorile a Roma , documenta che su 20 regioni, il Lazio occupa il 17° posto rispetto all’indice sull’inclusione scolastica (esiti e dispersione, apprendimento, distanza casa-scuola).
Alla scarsità di dotazioni, strutture, investimenti e risorse per la scuola italiana, si aggiungono anche elementi culturali complessi, tra cui è impossibile non citare la fatica, il senso di abbandono, rapporti spesso conflittuali con le famiglie e la demotivazione lamentata da molti insegnanti: fattori fortemente negativi, che contribuiscono a riprodurre in troppi casi una esperienza scolastica al più mediocre, che deprime i migliori ed è incapace di recuperare i più deboli.
In molti osservano come il sistema dell’istruzione secondaria non si sia ancora affrancato da una impostazione gerarchica di stampo gentiliano, cosicché gli istituti diversi dal liceo restano percepiti a tutti gli effetti come scuole di serie B, e sceglierli equivale ad ammettere di valere di meno di un coetaneo che può permettersi il classico. Rispetto alla teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner, la scuola secondaria italiana sembra puntare a un insieme molto ristretto di abilità e di competenze, dalle quali è quasi completamente assente la dimensione fisica, spaziale, relazionale e del fare e la capacità di operare in comunità – a sciame.
Cambiare? Si deve, si può. Una sfida che non è esagerato definire epocale, sulla quale il mondo della cultura e della creatività possono fare molto, suggerendo un punto di vista insolito, cambiando l’ordine dei fattori e introducendo elementi nuovi o finora invisibili. Per esempio, partendo dai mestieri di eccellenza, a cominciare da quelli che hanno la bellezza come input, materia, prodotto principale e lasciando che da essi sprigionino sapere, conoscenza, competenza, abilità, cultura, storia, arte. Sfidando i ragazzi a prendersi sul serio, a desiderare di diventare capaci di creare con le proprie mani, con tutti i propri sensi, rispettando discipline e impegni, a imparare senza temere di sbagliare, ma, al contrario, attraverso i propri errori, a lavorare non in competizione, ma in modo solidale e condiviso.
Importanti attori del mondo delle Fondazioni, ognuna secondo le proprie specificità, stanno lavorando per rafforzare alcuni punti critici del sistema formativo, in un’ottica di sussidiarietà con le istituzioni pubbliche. Così fanno  la Fondazione G. Agnelli – la prima fondazione d’impresa del paese - che, oltre il prezioso  “eduscopio” per  l’orientamento scolastico, ha festeggiato i suoi 50 anni con una nuova sede che coniuga ricerca e innovazione con il Politecnico, co-working con Talent Garden.   Con Compagnia di San Paolo  e il suo ente strumentale Fondazione per la Scuola, FGA ha avviato www.torinofascuola.it, un progetto di ampio respiro culturale pedagogico, architettonico sui luoghi dell’apprendimento, il primo libro di testo, investendo su due progetti pilota. L’impresa socialeCon i bambinisi muove per il contrasto alla povertà educativa minorile  (nata nel 2016 dal protocollo d’intesa del Ministero Economia  e Finanze , del Ministero Lavoro e  Politiche Sociali con ACRI), la Scuola Oliver Twist dell’Associazione Cometa coniuga la formazione relazionale, cognitiva e comportamentale con il saper fare,  la Fondazione Cologni sta lavorando sulla salvaguardia e lo sviluppo dei talenti per i Mestieri d’arte, l’Opificio Golinelli forma docenti, con un dialogo tra arti e scienze e sviluppa l’imprenditoria giovanile . La Fondazione Exclusiva disegnando un proprio modello di intervento, che comprende un percorso di coaching creativo rivolto alle famiglie e agli insegnanti, affinché i giovani possano indirizzarsi in autonomia, sicurezza e consapevolezza ad un futuro personale e professionale di auto-realizzazione. Già dalla fine di quest’anno, la fondazione renderà attivi laboratori e programmi hands-on, con l’obiettivo di orientare fin dalle scuole medie i ragazzi sulle scelte professionali, nella convinzione che trovare la propria strada sia un importante antidoto contro la dispersione. Oltre a far conoscere le professioni creative e le opportunità professionali ad esse connesse, i laboratori offriranno un’esperienza di pratica, in cui i partecipanti potranno misurarsi con le proprie abilità e diventare consapevoli di come metterle al servizio delle proprie aspirazioni.

Annalisa Cicerchia, docente di management delle imprese creative, Università di Roma Tor Vergata

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