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La Magna Charta del Volontariato per i Beni Culturali

  • Pubblicato il: 15/06/2015 - 22:17
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Andrea Archinà

Dalla Toscana all'Italia intera la valorizzazione del patrimonio culturale passa attraverso una guida ad uso del volontario informato. Ne parliamo con Elena Pianea, dal 2011 Dirigente Settore Musei ed Ecomusei Regione Toscana
 

 
 
Grazie all’azione di volontari qualificati e motivati, il volontariato dei beni culturali contribuisce ogni giorno all’apertura di musei, chiese e aree archeologiche, alla conservazione di monumenti e opere d’arte, alla creazione e alla tutela di archivi e biblioteche e, più in generale, alla salvaguardia dell’arte e della storia del nostro Paese. Sono circa 300.000 i volontari attivi in Toscana, presenti in 3313 associazioni. Di queste associazioni, 326 (circa il 10%,) si occupano di cultura in senso ampio. La tendenza di questi ultimi anni è in aumento. Dal 2005 al 2011 l’incremento del numero di associazioni, aderenti al Centro servizi volontariato Toscana, che si occupano di cultura è stato del 14,98%.
Un volontariato dei beni culturali più forte e organizzato significa anche cittadini e istituzioni più consapevoli e attente alla tutela del nostro patrimonio culturale. Un patrimonio per la maggior parte diffuso in cui il ruolo del volontariato diventa fondamentale per la sua valorizzazione attraverso una narrazione efficace. Lo hanno compreso bene Regione Toscana, Cesvot e Promo PA Fondazione che nel  2010, con la collaborazione della Direzione Regionale per i Beni Culturali della Toscana, hanno avviato il progetto di stesura della «Magna Charta del volontariato» per i Beni Culturali cui ha fatto eco, questa volta in Piemonte nel 2014, la pubblicazione della Guida alla Conservazione programmata ad uso dei volontari per i beni storico artistici, edita da Allemandi. Tale manuale, promosso dalla volontà di coloro che a titolo gratuito custodiscono il patrimonio storico-artistico diffuso sul territorio, orienta alla sua osservazione, alla prevenzione, alla manutenzione ordinaria così da riuscire a distinguere i problemi più gravi, in base ai quali individuare le strategie corrette per la conservazione o ricorrere tempestivamente all’intervento professionale di un restauratore qualificato.
Si tratta quindi di un tema certamente complesso spesso non pienamente considerato nel fraintendimento che il volontariato sia una risorsa a costo zero che però necessita di una giusta contestualizzazione in grado di capitalizzare anche, ma non solo, economicamente il nostro patrimonio.
Ne parliamo con Elena Pianea, laureata in archeologia e storia dell’arte, dal 2011 Dirigente Settore Musei ed Ecomusei Regione Toscana, dal 2008 Dirigente del Servizio Musei Comunali di Firenze. Dal dicembre 1996 al luglio 2008, dipendente del Comune di Saluzzo (CN) in qualità di Funzionario responsabile dei Musei Civici.
 
 
 
Vista la costante crescita del numero di volontari impegnati nel settore è possibile descrivere il quadro di riferimento attuale del volontariato culturale in Italia?
Secondo una ricerca effettuata da Maddalena Ragni e presentata a Milano nel 2014,  in occasione di un incontro sulla Magna Charta, nel 2012  si è stimato che in Italia ci fossero oltre 800mila volontari impegnati nella cultura che presidiano musei, chiese, siti archeologici, monumenti, beni artistici, parchi e riserve naturali, dedicando parte del proprio tempo per garantire l’apertura di luoghi altrimenti negati ai visitatori, per contribuire alla loro tutela e conservazione, per impegnarsi attivamente nella difesa dei beni culturali e del paesaggio.
Il report sul Terzo settore realizzato da UniCredit Foundation all’inizio del 2012 rivela che le associazioni di carattere culturale-ricreativo sono il 45,2%[1]delle associazioni italiane e secondo il IV Rapporto biennale sul volontariato, redatto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, per il 5,7% delle organizzazioni di volontariato la tutela dei beni culturali è l’attività prevalente, mentre le OdV attive nel settore sono il 15,9%[2].
Non va tralasciato, inoltre, come all’interno del volontariato non siano presenti solo le Organizzazioni classiche, piccole o grandi che siano, ma anche quelle forme di associazionismo spontaneo locale rappresentato dai comitati cittadini o dagli Amici dei musei.
Salvatore Settis nel suo libro, “Azione Popolare”, arriva a stimare in 15mila i comitati di cittadini attivi (quindi associazioni a tempo con obiettivi mirati) e in prima linea nella difesa di contesti naturali o artistici a rischio, mentre la Federazione italiana degli Amici dei musei annovera almeno 50mila volontari e il volontariato archeologico, con oltre 5mila associazioni attive, impegna circa 16mila volontari, di cui il 60% under30”.[3]
 
 
Il fenomeno è distribuito sul territorio nazionale?
Abbastanza,  con punte di massima nelle grandi città e una ampia diffusione locale.
Qualche esempio:
- sulla Toscana abbiamo già detto;
- a Milano sono circa 900 le  associazioni che si occupano di cultura, con 3185 persone retribuite, 41mila volontari e una crescita del 16% di volontari under 30 tra il 2010 e il 2011.
Sempre a Milano, il Museo della Scienza e della Tecnologia (il più visitato della città) coinvolge gli oltre 70 volontari che coprono funzioni importanti e il Museo Diocesano vive grazie ai suoi volontari.
Grazie all’Associazione Nocetum, inoltre, Milano sta riscoprendo la “Valle dei Monaci”, ovvero quell’area a sud della città che va dalla chiesetta di Noceto all’abbazia di Chiaravalle, all’interno di un progetto che valorizza in maniera integrata l’arte, il territorio, il sociale[4]
- in tutto il Paese il FAI, in particolare con la sua iniziativa “Le giornate di primavera” e Touring Club Italiano, garantiscono tutto l’anno in Italia l’apertura di oltre 50 luoghi di importanza artistica e storica. Per il FAI, inoltre, ormai da anni, un gruppo di volontari è occupato permanentemente nella cura e salvaguardia dei beni dell’Associazione.
- Italia Nostra, la prima associazione italiana impegnata nel volontariato culturale, con i suoi 3mila volontari, porta avanti la sua attività di tutela del patrimonio storico, artistico e naturale dell’Italia sia sul fronte della valorizzazione che della tutela del patrimonio e ambiente.
- il Festival della letteratura di Mantova nel 1997 fu avviato grazie anche all’attività di 100 volontari. Oggi sono diventati più di 600, per la maggior parte giovani (13-25 anni), donne (67%) e arrivano per il 65% da Mantova mentre il 35% giunge da altre parti d’Italia e dall’estero[5].
- ci sono poi alcune situazioni territoriali con dinamiche sorprendenti: proprio in Val di Susa , dove è nata la Guida alla conservazione programmata, la rete delle associazioni che garantiscono l’apertura di siti archeologici, palazzi e piccole chiese aggrega 650 volontari su 90mila valsusini.
 
 
Che cos’è la Magna Charta?
La Magna Charta del Volontariato per i Beni Culturali ha l’obiettivo di creare in Toscana un percorso per il riconoscimento, la programmazione e l’organizzazione dell’attività del volontariato nell’ambito del patrimonio culturale statale e locale, attraverso un progetto pilota che oggi rappresenta un modello replicabile ed esportabile.
La Magna Charta è un’occasione di crescita, un’opportunità per promuovere il riconoscimento, la programmazione e l’organizzazione dell’attività del volontariato nell’ambito del patrimonio culturale statale e locale, attraverso un progetto condiviso con le istituzioni di riferimento che hanno partecipato e supportato attivamente sia la fase propedeutica di dibattito, sia il Tavolo Tecnico di lavoro.
 
 
In che cosa si sostanzia?
Si configura come un accordo quadro, un documento di indirizzo per l’attività delle istituzioni che nella quotidianità collaborano o vorrebbero collaborare con le associazioni; il documento deve essere condiviso con i volontari, attraverso un percorso formativo ed una convenzione attuativa.
La firma della convenzione sancisce la sottoscrizione alla Magna Charta, la “partecipazione” ai suoi contenuti e conduce i due soggetti ad intraprendere un percorso comune delineato attraverso una serie di punti organizzativi e logistici che devono essere rispettati da entrambe le parti.
La Magna Charta e la convenzione tipo sono strumenti - scaturiti da un composito percorso di studio, confronto e sperimentazione -, studiati per fornire ai firmatari strumenti per leggere meglio le proprie necessità (auto analisi), consentire di determinare il livello di supporto che si intende concordare con i volontari, supportare l’ente nella definizione dei compiti che i volontari possono assumere nella struttura, facilitare il coinvolgimento dei volontari (a partire dalla coprogettazione di alcune attività), identificare una serie di strumenti e materiali adottabili per migliorare il rapporto e la prestazione ente/ volontario, individuare le linee guida per la formazione.
A supporto del progetto è stata altresì creata una “Guida per il volontario informato”, un volumetto che compendia e comunica i contenuti del percorso formativo in modo semplice e immediato.
 
 
Quali sono gli enti promotori del progetto e per quali territori?
La Magna Charta del volontariato per i Beni Culturali è un progetto realizzato da Regione Toscana, Cesvot (Centro Servizi Volontariato Toscana), Promo P.A. Fondazione e Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana.
 
Il progetto è nato per creare in Toscana un percorso per il riconoscimento, la programmazione e l’organizzazione dell’attività del volontariato nell’ambito del patrimonio culturale statale e locale.
 
 
Quali sono gli strumenti operativi in cui si declina il progetto dal punto di vista metodologico ed editoriale?
Si tratta di tre strumenti: la Magna Charta, la Convenzione e la Guida ad uso del volontario informato.

                                  La magna charta:

  • aiuta le istituzioni e le associazioni di volontariato nell’autoanalisi;

  • consente di determinare il livello di supporto che si intende concordare con i volontari;

  • supporta l’ente nella definizione dei compiti che i volontari possono assumere nella struttura;

  • facilita il loro coinvolgimento, a partire dalla coprogettazione di alcune attività;

  • identifica una serie di strumenti e materiali adottabili per migliorare il rapporto e la prestazione ente/ volontario;

  • supporta l’ente e le associazioni nell’individuare i contenuti dei percorsi formativi;

  • fornisce una speciale “Guida ad uso del volontario informato”, compendio di tutte le informazioni di base e strumento di stimolo alla creatività per la coprogettazione delle collaborazioni.

                                  La convenzione

La Magna Charta si attua attraverso la stipula di una Convenzione tra le parti, condivisa dai soggetti firmatari e adattata alle proprie esigenze.
L’assunzione della convenzione diventa per entrambe le parti occasione per approfondire la conoscenza di ambiti e ruoli reciproci di intervento ed è uno strumento per:

  • Formalizzare la collaborazione Istituto culturale – Associazione di volontari;

  • mostrare l’impegno assunto sia verso il personale di ruolo, sia verso i volontari;

  • chiarire perché si incoraggia la presenza dei volontari;

  • scoraggiare da prendere decisioni repentine che possono creare ripercussioni negative nel lungo periodo;

  • dimostrare l’impegno nei confronti della comunità;

  • dare evidenza all’attività per implementare il volontariato attivo nel settore. 

                                       La guida

Per supportare e rendere più chiaro il quadro di riferimento e per evidenziare le opportunità della collaborazione, è stata realizzata la Guida ad uso del volontario informato, un manualetto non prescrittivo, ma fitto di informazioni pratiche, regole, spunti di approfondimento che vuole fornire a tutti i protagonisti, volontari e addetti ai lavori, un utile vademecum.
 
 
Come si è articolato il processo che ha portato alla stesura della magna charta?
Il percorso si è sviluppato a partire dal 2010

  • 2009/ 2010, le premesse: criticità su ruoli e ambiti di intervento del volontariato nel settore dei beni culturali;

  • 2011, l’ascolto e i primi risultati: indagine, proposta di Magna Charta e bozza di convenzione tipo;

  • 2012, la sperimentazione: percorso formativo e di condivisione con venti Musei e Associazioni toscani da cui sono scaturiti il testo della Magna Charta, la convenzione tipo e la “Guida per il volontario informato”. La Magna Charta - nella sua versione definitiva - è stata presentata a LuBeC – Lucca beni Culturali - 2012 durante il convegno “Volontari per i beni culturali… Habemus Magnam Chartam!”, il 19 ottobre, alla presenza di tutte le istituzioni coinvolte e dei protagonisti della fase sperimentale.

  • 2013, la fase attuativa: percorso di informazione e formazione dedicato ai i musei che hanno ottenuto il riconoscimento di rilevanza regionale negli anni 2011/2012 (ai sensi della L.R. 21/2010). Alla luce di quanto realizzato, il percorso ha coinvolto sia le associazioni di volontariato sia le istituzioni culturali con l’obiettivo di stimolare - attraverso l’arricchimento culturale - entrambe le parti a esercitare con maggior consapevolezza la loro funzione, favorendo la programmazione congiunta e la condivisione delle attività.

  • 2014, diffusione del progetto a livello nazionale, partenariati per progetto europeo, tema «beni culturali e emergenza».

 
 
Si può già raccogliere qualche dato interessante?
Oltre 130 tra Musei e Associazioni di Volontariato hanno dimostrato spontaneamente interesse verso il progetto.  Più di 60 i Musei e le Associazioni protagonisti dell’intero percorso “Magna Charta”, con i loro dirigenti, referenti, curatori, operatori e volontari.
Ognuno di loro ha contribuito con il proprio bagaglio di sapere ed esperienze a delineare punti di forza e criticità di un quadro generale, per i musei che hanno necessità di fornire servizi adeguati alle esigenze dei fruitori, di tutti i target.
L’esperienza insegna che i volontari sono personalità attive, pronte e disponibili, una risorsa fondamentale all’interno del Museo accanto al personale in organico, per diffondere tra la cittadinanza la conoscenza del patrimonio culturale e contestualmente promuoverne la valorizzazione.
 
 
La Magna Charta è stata generatrice di ulteriori processi?
Tutti i Musei interessati, con le rispettive associazioni, hanno proposto idee progettuali da sviluppare nell’ambito del percorso Magna Charta, con l’intento di estendere l’orario di visita, facilitare la comprensione del percorso espositivo, la conoscenza delle opere e degli oggetti esposti, stimolare l’interesse e il desiderio di approfondimento culturale e favorire in ogni modo un’esperienza di visita soddisfacente e piacevole sotto ogni punto di vista. Inoltre, i progetti realizzati sono stati occasione per nuove adesioni di volontari alle associazioni.
In generale le attività promosse nell’ambito del percorso formativo hanno confermato che l’adesione alle specificità delle collezioni e del territorio, le caratteristiche dei singoli partecipanti e i bisogni delle istituzioni determinino comunque situazioni diverse l’una dall’altra. Si tratta di un dato positivo che conferma la necessità di avere delle “tracce” da seguire, dei principi da condividere, ma non rigidi standard sui contenuti delle attività. A conferma di ciò la varietà di progetti scaturiti dal percorso formativo/informativo, come ad esempio l’Associazione “Paolo Savi” degli Amici del Museo di storia naturale e del territorio di Calci che ha proposto di collegare museo e territorio, trasformando in narratori storici i propri volontari cercando quindi di rispondere alle necessità di un museo scientifico che dialoghi e sia coinvolgente; così come ai Musei Nazionali di Lucca per l’Associazione degli Amici dei Musei di Lucca  l’obiettivo è stato migliorare l’accoglienza del pubblico e contestualmente supportare la direzione nell’osservazione dei comportamenti dei visitatori, sulla base di una traccia predefinita, per delineare un primo quadro di reazioni utili a successivi allestimenti.
 
 
In tempi di crisi molte realtà hanno sostituito i dipendenti con i volontari per continuare ad erogare i loro servizi. Come valuta il rapporto tra il mondo del volontariato e quello degli operatori culturali professionisti.  Quali limiti e quali sinergie ipotizzare per un'operatività a vantaggio di entrambi?
Durante il percorso della Magna Charta ci siamo naturalmente più volte confrontati con questi temi. Credo che il percorso fatto – mettendo allo stesso “banco” volontari, collaboratori e personale del museo - sia servito innanzi tutto a promuovere la consapevolezza del valore delle regole come condizione indispensabile al corretto svolgimento di attività della convivenza civile.
In secondo luogo si è affermato il principio della reciprocità, riconoscendo pari dignità al valore specifico di cui il volontario è portatore, un valore che gli hanno riconosciuto gli stessi operatori e collaboratori dei Musei, una volta compresi gli ambiti e i ruoli. 
Dall’esperienza laboratoriale abbiamo visto come le associazioni si siano espresse in attività e servizi di vario genere: osservare il pubblico in occasione di mostre; sviluppare l’attività esterna al museo sia in rapporto con la città che con il territorio; collaborare per il riordino dei depositi; essere di supporto negli interventi di inventariazione e catalogazione, di recupero e restauro, partecipare a sessioni di scavo archeologico; segnalare i rischi archeologici durante le lavorazioni agricole o di cantiere. Non va nemmeno tralasciata la capacità delle associazioni di volontariato a creare ambienti educativi di qualità, dove l’incontro con i visitatori più piccoli si trasforma in iniziative emotivamente coinvolgenti.
Detto tutto questo ritengo che in ogni caso vada ribadito forte e chiaro ed alta voce che i musei ed i beni culturali in generale necessitano dell’impiego costante di professionisti lavoratori impiegati per le competenze specifiche nei diversi ambiti di intervento: i volontari hanno un ruolo rilevantissimo nella vita quotidiana del nostro patrimonio ma non si deve pensare che il loro impiego possa essere sostitutivo delle professionalità tecniche.
 
 
Quale integrazione vede tra la Magna Charta e la Guida alla Conservazione programmata a uso dei volontari per i beni storico artistici?
La Magna Charta si occupa dei volontari e della loro organizzazione, la Guida della Conservazione si preoccupa del servizio che i volontari possono svolgere e di come lo espletano; direi dunque che l’integrazione è naturale. Non è così frequente che enti diversi (la Regione, le fondazioni di origine bancaria, la Chiesa cattolica) in zone differenti del nostro Paese svolgano azioni che si possono poi così facilmente intersecare. Questo risultato significa che a monte c’è una comune sensibilità, una comune visione delle politiche culturali rispetto alla valorizzazione delle comunità e delle testimonianze storico-artistiche. L’impegno è di sviluppare la collaborazione tra noi per sviluppare tale sinergia e proseguire nelle progettualità integrate.
 
 
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