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La cultura, le elezioni e la frammentaria visione della politica

  • Pubblicato il: 17/02/2013 - 23:31
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Giovanna Segre
Giovanna Segre

Partiamo dall’illuminato e, per molti soggetti politici e non, illuminante titolo del manifesto del Sole24Ore «Niente cultura, niente sviluppo». E diciamo che per ottenere effettivamente un nuovo modello di sviluppo socio-economico che abbia come motore la cultura, circolano poche idee e anche confuse. Tanto il programma dei partiti candidati alle imminenti elezioni politiche, quanto i suggerimenti delle diverse rappresentanze della società civile, sembrano riflettere la pura somma algebrica di interessi specifici piuttosto che una visione coerente d’insieme.

Grazie all’analisi del centro studi CSS-Ebla che riunisce ricercatori interessati allo studio e alla promozione della conoscenza dell'economia dei beni culturali e creativi, è possibile comparare le diverse proposte confrontandole su otto temi chiave: la riforma del Ministero, il budget per la cultura, gli interventi fiscali, il ruolo dei privati, le industrie creative e culturali, lo sviluppo economico locale, il paesaggio e il turismo. Indipendentemente dal grado di dinamismo dei singoli ministri che si sono succeduti, emerge un ministero troppo vecchio per mentalità, poco flessibile negli adattamenti ai cambiamenti della società, non adeguato nei sistemi di incentivi utilizzati e nelle aree di competenza rispetto all’evoluzione della nozione di cultura. E allora cosa si può fare? Le proposte invocano quasi all’unisono sgravi fiscali e aumento dei trasferimenti, due tipi di provvedimento che egualmente si riflettono in un aggravio per il bilancio dello Stato e dunque non sono, in questa fase di crisi economica e fiscale, l’esempio migliore di una strategia di sviluppo efficace, coerente e credibile.
L’altro punto di contatto evidente tra tutte le proposte è l’auspicio dell’intervento dei «privati». Ma ognuno li interpreta a modo suo: dal mecenatismo alle sponsorizzazioni, dalla generica inclusione di imprese for profit a una legge speciale per il terzo settore, dal richiamo alle risorse provenienti dalle fondazioni di origine bancaria alla creazione dell’impresa culturale non profit, dal sostegno all’imprenditoria giovanile, ma solo se in forma di cooperativa per alcuni, alla concessione ai privati dei musei in difficoltà.
In relazione al tema delle industrie culturali e creative e a quello dello sviluppo locale, che rappresentano sostanzialmente il blocco industriale del made in Italy, pochi si esprimono, a testimonianza del fatto che è poco evidente il potenziale di impatto per la crescita economica che esse hanno, o potrebbero avere se supportate da interventi regolatori adeguati. Ma ci vorrebbe una visione d’insieme, e invece ancora emerge una totale frammentazione di vedute che porta per esempio l’appello «Ripartire dalla cultura» a parlare solo delle orchestre giovanili e della produzione editoriale di qualità e delle librerie indipendenti e il FAI, nelle sue primarie della cultura, ad aggiungere, a una chiara e completa visione delle questioni legate alla protezione del paesaggio e allo stop al consumo di suolo, solo il settore della musica e dello spettacolo e quello delle biblioteche e archivi. Il turismo, che senza dubbio è un’industria privata che sta sul mercato, da moltissime proposte è considerata invece prevalentemente in quanto meritevole di provvedimenti di defiscalizzazione. Per contro si dimentica di ragionare sulle sinergie tra il turismo, la promozione del patrimonio culturale e la produzione delle molte industrie creative che direttamente o indirettamente lavorano o potrebbero lavorare per l’industria turistica. Il turismo produce reddito e occupazione di qualità quando sa suscitare nel visitatore una esperienza condivisa con la cultura di un territorio, aspetti che fornirebbero a questo fondamentale settore maggiore competitività di una riduzione dell’IVA.
Va detto però che quando si leggono i programmi elettorali di Vendola Presidente e dei Fratelli d’Italia, che per fortuna di chi scrive, che da studiosa non avrebbe avuto comunque motivi di propaganda, sono equamente distribuiti uno a destra e uno a sinistra, non si può non riconoscere invece un elevato grado di completezza e articolazione delle proposte.

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