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Il 19% dell'arte: artiste in Italia tra mercato e museo

  • Pubblicato il: 15/11/2017 - 10:02
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Silvia Simoncelli

Una ricerca della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano indaga la posizione delle artiste nel sistema dell'arte oggi, integrando studi storici e critici con rilevazioni quantitative sulle presenze nelle manifestazioni culturali e nella sfera commerciale nel nostro Paese

Era il 1971 quando su ARTnews la storica dell'arte americana Linda Nochlin pubblicava Perché non ci sono state grandi donne artiste?, testo che sanciva la nascita di una nuova consapevolezza sulla posizione sociale delle artiste e dava voce al movimento femminista nei dipartimenti di storia dell'arte. In Italia fu Lea Vergine a rendere visibilità alle autrici del primo Novecento, con la mostra L'altra metà dell'avanguardia, presentata nel 1980 a Palazzo Reale a Milano. Pochi anni dopo il collettivo artistico Guerrilla Girls avrebbe impresso una svolta significativa alla prospettiva degli studi di genere nel campo delle arti visive, mettendo sotto la lente il gender gap nel sistema dell'arte con dati fattuali, relativi alla presenza delle artiste nelle collezioni dei principali musei statunitensi o nei programmi delle gallerie private.

Lo sviluppo di studi di genere di natura quantitativa nel campo delle arti visive ha dunque origine al di fuori dei dipartimenti accademici, e forse per questo ancora fatica ad accreditarsi in un campo in cui prevalgono la storia dell'arte e gli studi critici. Come ricorda la sociologa Katrin Hassler, autrice del volume "Kunst und Gender", la ricerca quantitativa può contribuire ad arricchire le prospettive di indagine e ampliare il discorso relativo alla posizione delle donne nel sistema dell'arte, basato prevalentemente su studi monografici dedicati alla rivalutazione di singoli soggetti. Austria e Gran Bretagna si distinguono nella raccolta sistematica di tali informazioni, ma il sito della rivista n.paradoxa ospita una sezione con studi svolti in diversi altri Paesi, da cui emerge il ruolo ancora marginale delle donne nel sistema dell'arte.

Il Report 2017 - Presenza e Rappresentazione delle Donne Artiste in Italia è stato realizzato all'interno di un seminario interdisciplinare sugli studi di genere nelle arti visive promosso dal dipartimento di Arti Visive di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano nel contesto del Master in Contemporary Art Markets. La ricerca si è posta l'obiettivo di colmare un vuoto di informazioni relative al sistema italiano, ed è di particolare attualità in un momento in cui il lavoro delle artiste fa registrare un'attenzione senza precedenti. Numerose sono infatti le mostre organizzate in anni recenti da istituzioni pubbliche e gallerie commerciali, così come i focus nelle fiere d'arte, che dagli Stati Uniti all'Europa hanno contribuito alla rivalutazione di artiste attive nel secondo Novecento. L'Italia non fa eccezione, come è emerso dalla tavola rotonda ospitata da NABA per la presentazione del Report, che ha raccolto le voci di Barbara Casavecchia, critica d'arte e curatrice indipendente; Anna Daneri, curatrice del Museo di Villa Croce e coordinatrice della sezione Back to the Future ad Artissima; Francesca Kaufmann, gallerista; Donata Pizzi, collezionista di foto di autrici italiane e Iolanda Ratti, conservatrice del Museo del Novecento.
Il Report 2017 - Presenza e Rappresentazione delle Donne Artiste in Italia rileva le percentuali delle presenze femminili tra gli artisti attivi nel sistema dell'arte in Italia per l'anno 2016. I dati raccolti sono relativi a cinque ambiti, utili a monitorare la presenza delle artiste e lo sviluppo dei percorsi professionali, sia nella sfera della produzione culturale sia in quella commerciale. Punto di partenza sono i dati relativi alla popolazione degli studenti nelle Accademie di Belle Arti, stimata dal MIUR per l'anno scolastico 2016/17 in 35.475 iscritti, di cui il 66,7% donne. L'osservazione è entrata nel vivo del sistema spostandosi sulla programmazione delle principali gallerie commerciali italiane di arte moderna e contemporanea, che restituisce un'immagine immediatamente diversa. Qui le donne sono il 18% del totale degli artisti rappresentati, percentuale che sale al 25% restringendo il focus alle gallerie che trattano solo arte contemporanea. Le gallerie costituiscono spesso il luogo di accesso al sistema espositivo, e non stupisce che il numero delle artiste rappresentate salga ancora di un paio di punti tra quelle aperte a partire del 2000, maggiormente attente ai giovani. Uno scarto ulteriore nel processo di selezione avviene nelle istituzioni museali pubbliche e nelle fondazioni private che si occupano di arte contemporanea: qui su un totale di 146 mostre personali realizzate nel 2016, solo il 19% ha riguardato le artiste, in minoranza anche nelle mostre collettive, con il 24% di presenze. Se da una parte ricevono oggi attenzione mediatica, le artiste sono dunque ancora distanti dal veder riconosciuto il loro contributo al dibattito culturale, anche in ambito internazionale. La Biennale di Venezia offre in questo senso un punto di vista privilegiato: qui negli ultimi anni hanno ricevuto il Leone d'Oro alla carriera Carolee Schneemann, Maria Lassnig, Marisa Merz, Yoko Ono, Barbara Kruger e Carol Rama, ma questa lista non rispecchia le scelte operate spesso nelle selezioni nazionali. Non fa eccezione l'Italia, che nel proprio padiglione - riaperto nel 2007 - ha presentato in cinque edizioni un totale di 7 donne e 48 uomini (senza contare la curatela di Sgarbi che da solo nel 2011 aveva presentato 52 donne contro 241 uomini). Il processo di legittimazione delle carriere che trova nella Biennale di Venezia uno dei momenti più significativi della sfera culturale, ha un parallelo nelle aste per la sfera commerciale, dove stima critica e successo di mercato rappresentano i fattori principali di inclusione. Le 11 sessioni di vendita analizzate per il 2016 sulla piazza di Milano hanno registrato un totale di quasi 2000 lotti offerti, di cui solo un ventesimo opera di donne. Una disparità che in termini di valore è sancita dalla distanza tra i record di vendita stabiliti da Domenico Gnoli e Dadamaino, rispettivamente di 2.576.250 € e 76.800 €.

I dati del Report vanno letti nel contesto più ampio del seminario, che ha integrato ricerca quantitativa e strumenti della ricerca storica, della critica e della curatela per comporre un quadro articolato sui discorsi di genere nelle arti visive.  Così le testimonianze di artiste che hanno attraversato la stagione del femminismo - Grazia Varisco, Anna Valeria Borsari, Maria Mulas - sono affiancate alle riflessioni di curatrici internazionali che lo hanno scelto come tema d'indagine, come Cecilia Fajardo-Hill dell'Hammer Museum di Los Angeles. La pubblicazione conclusiva, prevista a inizio 2018, includerà anche l'ultima fase del progetto: conversazioni con curatrici, critiche, galleriste e interviste ad artiste italiane a partire dalle loro esperienze, attualmente in svolgimento.

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