I pubblici della cultura: What, Who, Where, Why. Un’utile cassetta degli attrezzi.
L’audience è rappresentato da una moltitudine di soggetti che beneficiano, producono e interagiscono in vari modi con i contenuti culturali. Quali sono questi contenuti? Quali le modalità di fruizione e i processi virtuosi che portano alla trasformazione dell’utente da consumAttore a consumAutore? Il libro I pubblici della cultura a cura di Francesco De Biase suggerisce alcune riflessioni sul sistema cultura fornendo numerosi spunti teorici e operativi affinché il lettore possa arricchire la sua cassetta degli attrezzi per progettare nel suo contesto territoriale con più consapevolezza e coscienza.
Il testo è oggetto di un tour di presentazione che arricchisce il dibattito
L’accesso e la partecipazione culturale sono diventati centrali nelle agende e nelle strategie italiane, europee ed internazionali[1] (Sciacchitano, 2015). Allo stesso tempo, in ambito culturale, si sta lavorando per coinvolgere in modo attivo il pubblico, rendendo cercando di rendere i luoghi sempre più stimolanti, interattivi e aperti ad un gruppo di persone che sia il più ampio e differenziato possibile[2] (Bollo, 2011).
Cosa si intende però con la parola pubblico?
Il recente libro a cura di Francesco De Biase[3] ne ha studiato i diversi significati, le sfaccettature e le politiche. I pubblici della cultura – così si intitola la pubblicazione – si pone l’obiettivo di «analizzare le dinamiche della partecipazione culturale attraverso contributi di economisti, artisti, giuristi, manager, architetti, giornalisti, psicologi e politici» nella convinzione che «solo attraverso l’utilizzo di tutti questi punti di vista e competenze si possa sia comprendere quanto sta accadendo, sia individuare strumenti di progettazione per gli operatori di settore» (De Biase, 2014).
Vengono a configurarsi, pertanto, cinque sezioni che analizzano le ragioni, le analisi, le prospettive, le strategie e le pratiche della partecipazione culturale, fenomeno complesso che nel libro viene trattato nei suoi contenuti, “misurato” attraverso dati quantitativi e compreso in relazione alle diverse tipologie di fruizione anche in vista della proposta di politiche di sviluppo.
WHAT - Cultura, accesso e partecipazione
Il dibattito, all’interno del libro, inizia con il contributo di Aldo Garbarini che propone uno stato di fatto relativo alle suggestioni emerse da chi negli ultimi anni si è occupato di cultura. La linea del tempo presa in analisi parte dal 2007, anno in cui Walter Santagata[4] coordina un gruppo di lavoro ministeriale per la stesura di un libro bianco sulla creatività[5] nella convinzione che proprio la creatività possa essere la leva per «aiutare lo sviluppo del paese e per valorizzarne la sua posizione nel contesto internazionale» (Garbarini, 2014). Garbarini sottolinea come ci siano stati negli anni numerosi interventi forti – sia critici, sia propositivi - relativi al settore culturale italiano e alla sua gestione[6] le cui suggestioni non sono forse state recepite dai policy makers.
Per superare questo impasse, secondo Marialuisa Stazio, sarebbe necessario riflettere sull’accostamento utilizzato da molti tra Heritage e petrolio e sul fatto che, mentre quest’ultimo sia divenuto “privato”, i beni culturali siano “patrimonio dell’umanità” il cui valore sta proprio nel fatto di essere “beni comuni”. All’interno di una ragionamento molto interessante sul concetto valore, Stazio sottolinea il fatto che quest’ultimo forse è riconosciuto anche dagli stessi italiani. Riportando alcuni dati presenti all’interno della ricerca ISTAT del 2013[7], si evidenzia come la maggior parte dei visitatori ai musei italiani sia infatti italiana.
Come suggerito da Antonio Scuderi nel capitolo Risorse e finanziamenti, un nuovo paradigma, per fare ciò sono necessarie dunque forme di gestione che siano in grado di stimolare sia il territorio di appartenenza delle risorse stesse, sia gli stakeholder attraverso vivaci forme di governance (come accade in Italia nel caso della Fondazione Torino Musei e della Fondazione Musica per Roma).
Anche la nuova programmazione europea invita ad una collaborazione trasversale tra i diversi soggetti. Silvia Costa ricorda che, nell’ambito degli obiettivi di Europa Creativa, le sfide per l’Italia sono e saranno quelle di lavorare per «realizzare una strategia e una governance multilivello e più integrata tra Ministeri, Regioni e gli enti locali per le politiche culturali, verso un approccio strategico di valorizzazione di beni, industrie creative e media […] anche in termini di professionalità, strumenti e risorse» (Costa, 2015). In questo contesto, un ruolo chiave potranno assumerlo le fondazioni di origine bancaria come partner della comunità per lo sviluppo di progetti culturali, come leader nei network europei e promotrici delle opportunità per la cultura nella programmazione pluriennale europea.
Nella seconda parte del libro vengono proposte alcune analisi relative all’accesso alla cultura. Annalisa Cicerchia, per esempio, analizza i dati di uno degli Eurobarometri Speciali dell’Unione Europea sulla partecipazione culturale intesa in senso ampio, dalla visione di un programma televisivo alla fruizione di un museo. In questo ambito internazionale i cittadini italiani dichiarano una non partecipazione dovuta alla mancanza di tempo (33%) o di interesse (32%). Un ruolo fondamentale è sicuramente svolto dal digitale che determina, in alcuni casi, «una de – materializzazione e de – localizzazione di molti contenuti culturali» che rende meno automatica l’identificazione tra spazio e oggetti e pratiche di consumo. (Cicerchia, 2014).
Accesso alla cultura dunque in un contesto in cui bisogna riflettere a fondo sulle caratteristiche della domanda rispetto alla quale bisognerebbe fare alcune riflessioni circa alcune variabili fondamentali come il reddito e l’età dei fruitori rispetto alle quali sarebbero auspicabili alcuni ragionamenti di esplorazione e sperimentazione, come evidenzia Michele Trimarchi.
Anche le recenti call dell’Unione Europea riconoscono un ruolo chiave alla partecipazione e all’accesso alla cultura. Cristina Da Milano nel suo capitolo L’accesso alla cultura in una prospettiva europea rimanda proprio a questo: «l’interesse per questi temi si manifesta da una parte attraverso attività di studio tese a definire linee guida e raccomandazioni per gli Stati membri, dall’altra attraverso i programmi dedicati in maniera specifica alla cultura» (a partire da Cultura 2000 fino all’attuale Europa Creativa).
Partecipazione è però anche salute. Alessandra Rossi Ghiglione, attraverso un excursus storico e scientifico sul legame tra cultura e benessere, porta all’attenzione le esperienze di arte partecipata che nascono al di fuori dei contesti propri della produzione artistica ma che coinvolgono poi una molteplicità di soggetti in emozionanti avventure creative. E’ questo per esempio il caso della Fondazione Medicina a Misura di Donna che ha recentemente avviato, insieme al Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, il progetto Il Cantiere dell’Arte volto al miglioramento fisico di alcuni ambienti dell’Ospedale Sant’Anna di Torino. «Queste azioni sperimentali e innovative costituiscono l’emergenza di un’area nuova di esperienza che potremmo indicare come welfare culturale dove arte e benessere si incontrano in nuove forme di partecipazione» e di coinvolgimento del pubblico.
L’audience development dovrebbe proprio essere orientato a favorire questi processi per sviluppare progettualità per il medio lungo periodo.
WHO - Cultura, consumatore e pubblico
Queste riflessioni ben si sposano con la definizione di audience engagement – AD – ripresa da Alessandro Bollo nel capitolo “Cinquanta sfumature di pubblico e la sfida dell’audience development”. L’AD è infatti definito dall’Arts Council of England come qualcosa che descrive l’attività di un’istruzione culturale attraverso la quale da un lato si identificano e analizzano i pubblici esistenti e potenziali e, dall’altro, si sviluppano processi virtuosi di coinvolgimento degli utenti.
Alessandro Bollo ci restituisce inoltre un interessante stato di fatto scientifico che sottolinea l’importanza dell’audience, del pubblico, non come «un’entità falsamente monolitica», ma come una tripartizione virtuosa che invita a distinguere tra utenti attuali, quelli potenziali e il cosiddetto non pubblico. Una volta conosciuti i propri fruitori, le organizzazioni potranno essere interessate ad avviare politiche di AD con obiettivi di ampliamento, diversificazione e miglioramento della relazione con i propri fruitori.
Essenziale è, a questo proposito, il richiamo alle organizzazioni culturali che viene proposto nella terza parte da Lucio Argano. Queste ultime dovranno infatti sempre di più adattarsi con flessibilità alle nuove forme del consumatore che da consumAttore si sta trasformando in consumAutore che agisce in ogni consumo similmente alle altre azioni della sua vita, massimizzandone l’utilità.
WHERE - Cultura, luoghi e casi studio
A corredo di queste macro riflessioni che abbracciano le diverse sfaccettature dell’audience, il libro propone alcune riflessioni relative a diversi ambiti in cui i processi culturali possono prendere vita come le scuole, per esempio, in cui si possono avviare interessanti percorsi con le realtà teatrali, tema affrontato da Loredana Perissinotto. Anche le biblioteche non dovrebbero essere vissute come luoghi troppo esclusivi, ma anzi Antonella Agnoli indica che queste ultime dovrebbero proporsi come luoghi neutrali, di coesione sociale che «aiutino ad aumentare l’intelligenza collettiva». Anche i musei dovrebbero svilupparsi non solo come spazi orientati alla conservazione, ma anche e soprattutto come luoghi rivolti alla formazione permanente, mediazione interculturale, benessere e salute. In questo contesto, come ci fa riflettere Luigi Maria Di Corato, non utilizzeremo più parole come fruitore, utente e visitatore, ma dovremmo abituarci a parlare di pubblico come cittadini e comunità in un’ottica di scambio e confronto. Non solo. Fondamentale sarà anche la presenza degli Amici dei Musei presenti in Italia soprattutto nelle regioni di Nord e Centro. Vittorio Falletti e Enrico Bertacchini sottolineano proprio la relazione virtuosa che esiste tra queste associazioni e la domanda nei musei. I territori dove le strutture culturali sono attrattori di pubblici grazie all’importanza delle loro collezioni, sono anche quelli dove sono più presenti queste forme associative.
Il libro è inoltre ricco di casi studio soprattutto nelle ultime due parti Le strategie e Le Pratiche. Qui sono descritte le esperienze che si sono dimostrate virtuose dal punto di vista delle politiche e del coinvolgimento dell’utenza. La Casa dello Spettatore a Roma, per esempio, pone al centro la figura dello spettatore attraverso percorsi di visita e di sperimentazione artistica. SMartIt – Società Mutualistica per Artisti, invece, è una cooperativa in forma di impresa sociale che ha lo scopo di facilitare il lavoro e la mobilità internazionale degli artisti. Si parla di fondazioni nel caso della Fondazione Cesare Pavese che ha pensato di utilizzare le nuove opportunità fornite dagli strumenti digitali. Anche la Fondazione Musei Senesi, nell’ambito del piano di rilancio strategico del sistema museale, ha sviluppato il progetto Ecomuseo digitale delle Terre di Siena orientato ad approfondire la nozione di museo diffuso per promuovere un percorso di riflessione sul valore e il senso del paesaggio inteso come contesto di vita.
WHY - Cultura, una cassetta per gli attrezzi
Complessivamente il volume invita il lettore a riflettere sul sistema cultura che, per essere riprogettato, dovrà sostenere percorsi innovativi e sperimentali, ma anche rendere l’accesso alla cultura un asset centrale delle proprie strategie. Per fare ciò la pluralità di contributi del libro favorisce una lettura critica proponendo diversi aspetti, luoghi e pubblici del sistema culturale. Portando alla nostra attenzione alcune considerazioni sui fruitori che diventano comunità (Di Corato) e consumAttori (Argano), il libro affronta anche il tema delle politiche, della governance e della gestione vivace che coinvolge i diversi soggetti del territorio (Scuderi). Non solo soggetti istituzionali ma anche attori legati alle scuole (Perissinotto), alle biblioteche (Agnoli), alle esposizioni temporanee (Campione), all’arte contemporanea (Segre), agli ecomusei digitali (Falletti e Bertacchini), nella consapevolezza che l’arte e la cultura siano anche welfare culturale e benessere (Ghiglione).
In questi termini credo che la pubblicazione, affrontando a 360 gradi il tema cultura, possa rivolgersi a tutti coloro che, in forme diverse, si occupano di questo complesso ma affascinante settore.
Nello specifico non credo che il libro abbia come obiettivo quello di indirizzare il lettore verso una particolare strategia di governance o metodologia di audience engagement, quanto piuttosto di fornirgli numerosi spunti teorici e operativi affinché lui stesso possa arricchire la sua cassetta degli attrezzi e iniziare a studiare e a progettare con più consapevolezza e coscienza del proprio territorio prendendo magari spunto dalle buone pratiche di cui è ricco il nostro paese.
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Bibliografia essenziale
F. De Biase a cura di (2014), I pubblici della cultura. Audience development, audience engagement, Franco Angeli s.r.l., Milano.
F. De Biase (2008), L'arte dello spettatore. Il pubblico della cultura tra bisogni, consumi e tendenze, Franco Angeli s.r.l., Milano.
European Commission (2013), Special Eurobarometer 399. Cultural access and participation, Bruxelles.
E. Gasca (2014), Musei vs giovani nelle politiche di audience engagemet. Buone pratiche per un coinvolgimento attivo di adolescenti e giovani, in "Il Giornale dell’Arte/Fondazioni", edito da Il Giornale dell'Arte, Società Editrice Umberto Allemandi & C. spa, Torino. Disponibile on line: http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/musei-vs-giovani-nelle-politiche-di-audience-engagement
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (2015), Minicifre della cultura 2014, Gangemi Editore.
The Art Newspaper (2015), Visitor figures 2015.