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Ernst & Young dà numeri dell’Italia Creativa

  • Pubblicato il: 14/02/2016 - 11:51
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Elena Lombardo

Realizzato dalla big company della consulenza in collaborazione con Mibact, SIAE e 19 associazioni di categoria, un nuovo studio fornisce un quadro sui numeri e potenzialità inespresse dell’Industria Culturale e Creativa Italiana. Gli obiettivi? Mantenere vivo il dibattito, stimolare la collaborazione ed il confronto tra gli operatori del settore, incoraggiare la convergenza su temi comuni
 
 
Il dibattito riguardo il valore e potenzialità dell’Industria Culturale e Creativa si è nutrito di negli anni di numerose ricerche a livello europeo come nazionale, in Italia grazie a contributi preziosi come il Libro Bianco sulla Creatività del 2009, lo studio ministeriale coordinato dal prof. Walter Santagata ed il rapporto annuale di Symbola e Unioncamere.
Le politiche europee con il ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali ed Europa Creativa, un fondo di garanzia che partirà proprio nel 2016 e che stanzia 1,46 miliardi di euro dedicati al settore culturale e creativo, hanno reso ancora più centrale il tema.
Un nuovo studio di Ernst & Young, la big della consulenza che sviluppa queste indagini anche a livello “mondo”, pone l’accento sull’importanza di stimolare il dibattito e la cooperazione tra istituzioni, operatori, imprenditori per cogliere l’opportunità della nuova economia dell’era digitale trainata dalle ICC.
Come spiega nell’introduzione Andrea Bassanino, Partner EY, la ricerca intende essere un’occasione per «per definire perimetri e metriche di comparabilità, al fine di incrementare quasi in modo naturale, conoscendosi meglio reciprocamente, la capacità di fare squadra e muoversi in maniera coordinata nell’affrontare le sfide poste dall’attuale contesto economico complessivo e dalla dinamica evolutiva dell’industria stessa
 
Sebbene la presentazione e analisi dei numeri sia meno articolata rispetto al Rapporto “Io sono Cultura” di Fondazione Symbola,  la ricerca contiene numerosi  contributi, interviste, case study e focus su temi specifici (ArtBonus e Film Commission tra gli altri) in uno spirito collaborativo che ha visto la partecipazione allo studio di diciannove associazioni di categoria[1] e di oltre sessanta personalità dell’industria creativa e culturale del nostro Paese tra le quali lo scrittore Erri De Luca, l’architetto Stefano Boeri, la regista teatrale Andrée Ruth Shammah, l’artista Michelangelo Pistoletto.
In termini di approfondimenti, particolare attenzione viene data al ruolo del diritto d’autore e all’importanza della sua tutela nell’era digitale: un comparto che nel 2014 ha registrato un indotto per 563 milioni di euro, il cui 80% proveniente dal settore musicale.
In prefazione si scomoda anche il Ministro Franceschini, per evidenziare la forte innovazione che caratterizza l’industria culturale e creativa, nella quale lavorano più giovani e più donne rispetto agli altri comparti nazionali e che genera, per parlare di Soft power: «un valore aggiunto che va oltre i semplici ricavi economici. L’Italia Creativa si alimenta di quel patrimonio materiale e immateriale che al contempo produce e costituisce l’anima stessa del nostro Paese, ciò per cui l’Italia è riconosciuta, stimata e apprezzata nel mondo»[2].
Questa consapevolezza, sottolinea il Ministro, si è tradotta nei recenti investimenti finanziari da parte dello Stato, in controtendenza rispetto ai tagli del passato: l’aumento del bilancio del MiBACT del 27%, i 500 milioni stanziati per i consumi culturali giovanili e i 500 dedicati alla riqualificazione delle periferie con una maggiore attenzione all’arte contemporanea, l’impegno per incrementare il tax credit per il cinema, che si prevede arriverà a 140 milioni di euro nel 2016.
Interventi più che mai necessari, se non sufficienti, perché il rischio è quello di «abituarsi alla bellezza in cui siamo immersi ogni giorno da ritenere di non dovercene più stupire, anzi di non dovercene preoccupare affatto. Lo studio ci consegna finalmente un dato incontrovertibile, che può e deve trasformare radicalmente l’ordine delle nostre priorità» come sottolinea Filippo Sugar, Presidente SIAE.
 
 
 
Le cifre dell’ICC in Italia
Dopo le difficoltà del biennio 2012-2013, che, in un contesto economico generale particolarmente sfavorevole, hanno fatto scendere il valore economico diretto dell’ICC complessivamente del 3,6%[3] con una diminuzione del 2,2% degli occupati nel settore, il 2014 ha fatto registrare un arresto netto dell’andamento negativo, con un calo del valore economico complessivo dello 0,4%.
Nel 2014 l’industria della creatività e della cultura in Italia ha fatturato 47 miliardi di euro, 2,9% del prodotto interno lordo, con un milione di occupati il cui 41% ha tra 15 e 39 anni e corrisponde al 3,8% della forza lavoro italiana.
Con un fatturato superiore al segmento delle telecomunicazioni (39 miliardi) e seguita dall’industria automobilistica (49 miliardi), lo studio sottolinea che «Se riuscissimo in Italia, facendo squadra e tutelando il settore, ad esprimere per la filiera la stessa quota di PIL che caratterizza la Francia, otterremmo 15 miliardi di euro addizionali. L’Industria Creativa passerebbe così da 40 a 55 miliardi di euro e genererebbe più di 300.000 nuovi posti di lavoro, arrivando a fornire un impiego a oltre 1,2 milioni di persone[4]
La ricerca entra poi nel dettaglio degli undici settori maggiormente rappresentativi[5] evidenziando per ciascuno debolezze, successi ed eccellenze (da Renzo Piano al Lucca Comics and Game) commentandoli attraverso il contributo di professionisti, professori e ricercatori universitari, con attenzione alle opportunità per i giovani, la nascita di nuove figure professionali, le problematiche connesse all’occupazione, ai meccanismi di remunerazione alla sostenibilità economica delle istituzioni e organizzazioni culturali.
 
 
Indicazioni strategiche
Ma alla luce della fotografia appena scattata, cosa potrebbero fare gli operatori economici e istituzionali per agevolare la crescita dell’ICC in Italia?
Lo studio si sbilancia, e in termini di politiche suggerisce la creazione di un meccanismo graduale di “turnover generazionale”, l’estensione delle politiche di tax credit per incentivare gli investimenti nel settore, la sensibilizzazione sull’importanza della legalità e della protezione del diritto d’autore, la promozione di interventi ad hoc che facilitino la nascita, incubazione e crescita di start-up e ne incentivi il relativo finanziamento.
Fondamentale inoltre la semplificazione del contesto normativo che regola il “fare impresa” e un’azione sulla normativa giuslavoristica con l’obbiettivo di migliorare il livello di flessibilizzazione del mercato del lavoro e incentivare le nuove occupazioni nel settore.  Infine, stimolare l’internazionalizzazione e la promozione della produzione culturale incentivando l’emergere di progetti “volano” che spingano l’innovazione.
 
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Fonte: Studio Italia Creativa

Figure 1. Fonte: Studio ITALIA CREATIVA
 

 

[1] SIAE, AESVI, AGIS, AIE, ANEM, ANES, ANICA, APT, CNAPPC, CONFCULTURA, CONFINDUSTRIA CULTURA ITALIA, CONFINDUSTRIA RADIO TELEVISIONI, DISMAMUSICA, FEM, FIEG, FIMI, NUOVOIMAIE, PMI, UNIVIDEO

[2] Studio Italia Creativa, pag. 3

[3] In crescita solo i ricavi da vendita digitale che non hanno ancora un’incidenza tale da compensare le perdite in altri settori

[4] Studio Italia Creativa, pag. 22

[5] Architettura, Arti performative, Arti Visive, Cinema, Libri, Musica, Pubblicità, Quotidiani e Periodici, Radio, Televisione e Home Entertainment, Videogiochi.