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Cartoline romane

  • Pubblicato il: 30/12/2011 - 17:21
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Santa Nastro
Damien Hirst 2005 Eucatropine © Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved

Roma. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Ma il protagonista di questa nuova avventura alla Fondazione Pastificio Cerere è proprio lui. Damien Hirst, l’artista che non disdegna il mercato. L’artista che ha ricoperto la morte di strass e, così facendo, ha rappresentato egregiamente lo scorso decennio. L’artista che tutti, anche i meno addicted, conoscono per le medicine, gli squali in formaldeide, le coloratissime farfalle. Ma anche come colui, e questo vale per i più smaliziati, che sa sempre rinascere come una fenice dalle ceneri della storia. E questo progetto, che l’intelligenza (va detto) del curatore (e direttore artistico della fondazione) Marcello Smarrelli, ha saputo ideare, lo dimostra appieno. Si tratta della seconda edizione (la prima aveva coinvolto Raphäel Zarka, Reto Pulfer, Massimo Grimaldi e Lara Almarcegui) del progetto «Postcard from...» che ha l’obiettivo di diffondere l’arte contemporanea nel contesto urbano, in collaborazione con l’A.P.A – Agenzia Pubblicitaria di Affissioni. Il meccanismo è semplice: quattro artisti vengono invitati a realizzare un manifesto con le dimensioni canoniche delle affissioni urbane. Ma il destino non è unicamente il cortile della Fondazione, dove i cartelli in questione vengono naturalmente esposti, andando ad abitare un habitat per loro già congeniale. Essi sono, inoltre, diffusi negli spazi solitamente occupati da reclàme di ogni genere. Con svariate implicazioni. La prima porta, ed è inevitabile, ad uno slittamento di senso per ciò che concerne lo statuto, sia dell’opera dell’arte, indotta ad occupare un luogo solitamente adibito a mansioni direttamente commerciali. Di conseguenza anche la cornice perde il suo valore profit, per riempirsi di significati completamente diversi, con la medesima volontà di generare un bisogno, che però non è più di mercato, bensì culturale ed esperenziale. Damien Hirst (primo protagonista della serie) ci prova con «Nucleohistone», una riflessione estetica sulla struttura proteica del DNA, nata dal celebre ciclo degli «Spot Paintings», datato 1988 e ancora in fieri. Non è inoltre, da dimenticare, il ruolo virtuoso che la Fondazione Pastificio Cerere, assume in questo frangente, diventando non solo il promotore di un’occasione di fruire l’arte contemporanea del tutto gratuita per spettatori anche involontari, ma anche l’artefice di un network di collaborazioni ad ampio raggio intorno a questo progetto, una risposta sana alla crisi e alle sue nuove istanze. Per esempio? Oltre al già citato compito svolto dal partner, fondamentale per la realizzazione del progetto e quindi non un soggetto passivo nella relazione con la fondazione, il manifesto sarà installato eccezionalmente nella hall del Museo Macro a Roma. Non basta. Nel contempo si svolge «The Complete Spot Paintings 1986-2011», una mega personale dedicata ad Hirst ed alla serie in questione. Avviene simultaneamente in tutte le undici Gagosian Gallery del mondo: New York, Londra, Parigi, Los Angeles, Roma, Atene, Ginevra, Hong Kong, con un’unica data inaugurale il 12 gennaio 2012. A Roma, naturalmente, sarà visitabile fino al 10 marzo. Quindi, ricapitolando, una fondazione, un museo, un partner, un circuito internazionale di gallerie. Risultato? Una buona pratica.

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