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Brescia si sorprende. tra passato e presente

  • Pubblicato il: 15/03/2013 - 10:25
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefano Luppi
Maurizio Cattelan

Brescia. Ampio il favore, anche sulla stampa locale,  della mostra «Novecento mai visto, Brescia contemporanea. Una città che sorprende» voluta da una serie di enti pubblici,  MIBAC e Comune in testa, e privati tra cui le Fondazioni Brescia Musei, Asm Gruppo A2A e Daimler Mercedes Benz Art collection.
Fino al 30 giugno, al complesso di Santa Giulia, andranno in scena le mostre «Daimler Mercedes Art Collection» e «Da De Chirico a Cattelan» con opere di norma conservate nei depositi dei musei civici cittadini e in alcune importanti collezioni private della città.

Inoltre, in contemporanea inaugura il nuovo percorso museale del Tempio Capitolino, il Capitolium di cui oggi si possono ammirare i meravigliosi spazi delle grandi aule riallestite e dotate di moderne tecnologie di comunicazione con una installazione multimediale di Studio Azzurro che permette di conoscere ed esplorare il sito archeologico e le più recenti scoperte.
Un progetto questo al quale  hanno lavorato in particolare Francesca Morandini, curatore per l’archeologia dei musei civici e Paola Faroni responsabile dell’edilizia monumentale del comune bresciano.
La scelta tecnica di dotare il Capitolium nella romana Brixia di un nuovo allestimento, su cui si rifletteva dal 2009, appare felice nei  grandi portali in bronzo che chiudono le tre celle  che ci rimandano al passato e nelle passerelle bronzee che proteggono gli stupendi pavimenti del I secolo d.C.

Diverso il discorso relativo alle due mostre d’arte contemporanea. La selezione, effettuata dalla responsabile dei musei civici Elena Lucchesi Ragni, porta alla visione opere (dai futuristi a Michelangelo Pistoletto e Penone) di buona caratura, integrate da lavori provenienti da collezioni private.
Comune denominatore delle opere è l’accessibilità al pubblico. «Mancano gli spazi», dicono i responsabili, come dimostra un  nucleo di opere della Pinacoteca Tosio Martinengo (anch’essa in restauro da anni), presentate in sale inadeguate del secondo piano di Santa Giulia.
Tempi di crisi economica e si «affitta» a un noto gruppo automobilistico l’immagine di una importante struttura pubblica come il Santa Giulia.
Preziosa è l’occasione di vedere  le opere della Daimler Art Collection, curata da Renate Wiehager, una delle principali a livello corporate in Europa, soprattutto sulla produzione degli ultimi decenni dell’area nordica. Per  la prima volta arriva in Italia, dopo un viaggio tra Giappone, Brasile, Sudafrica. Sorprenderà la qualità degli Albers, Warhol, Longo, ma soprattutto la coerenza nella scelta di tanti nomi «minori» del movimento moderno, del monocromo, del gruppo Zero, del Bauhaus, del concettuale.
Emergono considerazione sugli effetti dell’opportunità dell’associazione tra brand culturali importanti e imprese: Daimler  espone una lunga serie di artisti che hanno lavorato su commissione dando vita a opere dagli obiettivi di marketing dichiarati. Il tutto è legittimo: una grande azienda commissiona opere d’arte per comunicare i suoi prodotti e diventa  soggetto artistico, come nei sei video di Sylvie Fleury, in alcuni Warhol del 1986, in «Untitled» di Longo del 1997 e in «Silver Slide» di Vincent Szarek del 2003.
L’effetto è una diretta pubblicità. 
Ci si chiede se un museo pubblico debba avere tra i propri fini anche questo.
Naturalmente, in questo caso specifico, il progetto culturale contemporaneo è evidente visto il valore della collezione della Fondazione tedesca ma siamo certi che la possibilità di ospitare un grande evento che in parte, come spiega qui sotto la direttrice dei musei bresciani, si ripaga non sia uno sprone che potrebbe fare ingolosire i responsabili dei musei e gli assessori alla cultura anche qualora l'offerta non fosse di primo piano? Apriamo un dibattito al quale chi vuole può rispondere sul sito del Giornale delle Fondazioni. A Brescia in ogni caso va come segue.
Tra il comune di Brescia e i responsabili della collezione tedesca esiste un contratto di tipo economico per questo appuntamento, come spiega la direttrice dei musei civici Elena Lucchesi Ragni: «A carico dei nostri partner sono andate le spese di assicurazione, i trasporti delle opere e le spese di montaggio. Il Comune si è invece occupato economicamente della stampa del catalogo e della promozione, mentre abbiamo suddiviso i costi della didattica perché sia noi che i tedeschi teniamo molto a questo aspetto».

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