Boston: Piano e l’ala che Isabella non aveva pensato
Boston. Nel suo testamento, Isabella Stewart Gardner (1840-1924) stabilì che il museo da lei fondato nel 1903 e nel quale aveva accorpato le sue collezioni di belle arti e arti decorative, dovesse rimanere sostanzialmente inalterato. Un edificio moderno di quattro piani, rivestito in rame, non ha mai fatto parte della sua visione: eppure, questa aggiunta di oltre 6mila metri quadrati è proprio ciò che il museo a lei intitolato ha costruito. La nuova ala (nella foto) è stata progettata da Renzo Piano ed è costata 118 milioni di dollari. Anne Hawley, la direttrice del museo, dice che l’ampliamento è stato deciso dai trustees sei anni fa, soprattutto a causa dei 200mila visitatori all’anno, troppi per l’edificio e per le collezione. Quando la Gardner era in vita solo 2mila persone potevano godere della sua ricostruzione di un palazzo veneziano del XV secolo, colmo di dipinti, arazzi, mobili, manoscritti e tessili.
La soluzione di Piano è un edificio moderno, più basso e distante 4,5 metri dalla sede originaria. Ospita un auditorium da 300 posti, uno spazio espositivo da 180 metri quadrati, una caffetteria, laboratori di conservazione e uffici. Costruire l’estensione è stata un’operazione controversa, non ultimo perché realizzata in sostituzione della rimessa per le carrozza progettata dalla stessa Gardner, demolita tra le polemiche nel luglio del 2009. La rimessa veniva usata per ospitare artisti in visita, una funzione prevista nell’estensione di Piano, che comprende due appartamenti per gli ospiti. «Per la prima volta avremo un vero spazio espositivo per dare risalto a oggetti della nostra collezione», dice Oliver Tostmann, dal prossimo aprile, curatore della collezione. Tostmann progetta di selezionare ogni anno uno o due oggetti dalla collezione e di esporli nel nuovo spazio a fianco di oggetti in prestito da altre istituzioni. La Gardner costruì un museo per la sua raccolta d’arte dopo aver ereditato nel 1891 oltre 2 milioni di dollari dal padre, David Stewart, che aveva fatto fortuna commerciando lino irlandese e con gli investimenti minerari. Tra i pari della Gardner (e rivali nell’acquisto di opere di Tiziano, Botticelli e Michelangelo) figuravano personaggi come J.P. Morgan, Henry C. Frick e Andrew Mellon, o gli «squillionaires», come lei li chiamava. «Ho il vizio della pittura. È brutto come quello del whisky», confessò nel 1896.