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Abitare una casa per abitare un quartiere. A Torino le buon pratiche del fare sociale

  • Pubblicato il: 13/05/2016 - 11:30
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

Trecentosettanta delegati in rappresentanza di quaranta organizzazioni internazionali, di cui nove torinesi. Questi i numeri principali della due-giorni di lavori nell’ambito del convegno Abitare una casa per abitare un quartiere – promosso Rete della Case del Quartiere di Torino (vincitore del Premio Che Fare 2 per l’innovazione sociale) e la rivista Animazione Sociale. Tema: le esperienze di questi soggetti attivi della trasformazione sociale delle nostre città
 
 
 
Torino. Le Case del Quartiere sono realtà nate negli ultimi quindici anni con il supporto (sempre più aurorale) della pubblica amministrazione sino a mostrarsi capaci di articolare una “vita propria”. Tra integrazione e coesione tra individui, evoluzione organizzativa in termini di autonomia culturale e autorganizzazione, le Case del Quartiere sembrano sopperire alle carenti politiche di welfare pubblico, agendo con una logica compensativa dai servizi sociali all'accoglienza dei migranti, dagli sportelli per la compilazione delle domande burocratiche all'assistenza agli anziani. In una conversazione con Erika Mattarella, coordinatrice della Rete, approfondiamo la storia e i temi di governance, cittadinanza attiva, cooperazione e effetti territoriali.  
 
 
 
Che cosa sono le Case di Quartiere, quando sono nate e come si sono evolute?
Per raccontare la storia delle Case del quartiere di Torino bisognerebbe partire da lontano: dagli anni Novanta e dalle prime esperienze di programmazione e attuazione di politiche urbane innovative. Bisognerebbe partire dagli stimoli delle istituzioni europee che spingevano le città ad adottare un nuovo approccio, superando le politiche settoriali, lavorando insieme ai cittadini e mettendo in comunicazione centri e periferie. La Città di Torino accolse subito questa opportunità, permettendo la nascita delle Case del quartiere: spazi pubblici riqualificati grazie alla collaborazione tra istituzioni pubbliche, fondazioni bancarie e private, imprese sociali, associazioni e cittadini.
Ogni Casa ha una storia diversa e un territorio specifico, ma tutte si configurano come luogo d’incontro e punto di riferimento per nuovi e vecchi cittadini. Come? Raccogliendo e organizzando le attività di un vasto numero di soggetti associativi e gruppi informali; creando momenti di socializzazione e svago; offrendo servizi, corsi e laboratori, attività culturali; mettendo a disposizione spazi. Sono luoghi aperti e pubblici; laboratori sociali e culturali nei quali si esprimono pensieri e vissuti collettivi; spazi che avviano esperienze.
 
 
 
Che cosa è la Rete delle Case di Quartiere e come funziona?
A partire dal 2012, la Città di Torino e la Compagnia di San Paolo hanno promosso la costituzione di una rete di collaborazione tra le Case del quartiere. La finalità era quella di mettere in comune conoscenza, esperienze e progetti in un’ottica di crescita della qualità di vita, miglioramento della gestione e ampliamento dei servizi da offrire ai cittadini. La visione era quella di creare nuove reti, tra soggetti associativi e cittadini, che attraversino la città; per condividere strumenti e sviluppare economie di scala e una sempre maggiore auto-sostenibilità. La Rete garantisce che il profilo delle Case del Quartiere corrisponda a quello espresso nel “Manifesto delle Case del quartiere di Torino”, e verifica il percorso dei membri della Rete. Essa rappresenta le Case del Quartiere nel rapporto con istituzioni, enti, associazioni, gruppi e con tutti quei soggetti che intendono o che potenzialmente possono collaborare con le Case del Quartiere. La Rete promuove il confronto tra le esperienze, strumenti, metodi delle varie Case in confronto ai territori per innovare costantemente il modo di operare e rispondere in modo non mediato a nuovi bisogni e desideri.
 
 
 
Quale è il sistema di governance della Rete?
La Rete si struttura in modo orizzontale e democratico, all’interno di questa visione troviamo i seguenti organi:  
CONSIGLIO DIRETTIVO DELLE CASE DEL QUARTIEREè costituito dai rappresentanti legali dei vari soggetti gestori delle Case di Quartiere e da un Portavoce. Il Collegio è assistito nel suo funzionamento dai due Coordinatori della Rete che ne svolgono le funzioni di segreteria e nella prima fase viene accompagnato dal Coordinamento Operativo. Svolge il ruolo di Rappresentanza, Garanzia, Valutazione e Sviluppo.
COMITATO D’INDIRIZZOè costituito da un rappresentante del Comune di Torino, da un rappresentante della Compagnia di San Paolo, dal Portavoce e dai due Coordinatori della Rete. Il Consiglio di Indirizzo esercita la funzione di indirizzo sulle attività della Rete delle Case in relazione ai principi del “Manifesto delle Case di Quartiere” e agli obiettivi dei progetti annuali. Il Consiglio garantisce il necessario coordinamento tra la Rete, la Città di Torino e la Compagnia di San Paolo.
COORDINAMENTO OPERATIVO DELLE CASEè costituito dai rappresentanti tecnico-operativi, nominati da ogni Casa del quartiere, che a maggioranza nomina i due Coordinatori della Rete per un tempo da sperimentare e definire. Svolge il ruolo di coordinare la progettazione, organizzazione, esecuzione del Progetto Annuale Comune, dei progetti dell’Incubatore, di comunicazione, di formazione.
COORDINATORI DELLA RETESvolgono il ruolo di segreteria del Consiglio Direttivo delle Case, di segreteria e coordinamento del Coordinamento operativo delle Case.
RESPONSABILE COMUNICAZIONE E STAFF COMUNICAZIONEè nominato dal Coordinamento operativo delle Case e viene affiancato da uno staff di comunicazione costituito da responsabili della comunicazione delle Case e dal Coordinatore della Rete. Svolge il ruolo di Coordinamento della funzione di Comunicazione istituzionale della Rete, di Gestione degli strumenti di comunicazione della Rete, di Realizzazione della comunicazione dei progetti annuali comuni e dell’Incubatore.
RESPONSABILE FORMAZIONEè nominato dal Coordinamento operativo delle Case e viene affiancato dai Coordinatori della Rete. Svolge il ruolo di Coordinamento delle attività formative della Rete, di Promozione e Sviluppo dei temi, di Realizzazione del programma formativo.
 
 
 
Quale coinvolgimento delle Fondazioni d’Origine Bancaria, quali sono gli attori coinvolti e come si è evoluta questa relazione?
La Compagnia di San Paolo è stata promotrice, come anticipato prima, del coordinamento delle Case. Gli attori coinvolti, o meglio l’attore è uno: il referente operativo dell’area politiche sociali. Nell’ultimo anno, con il cambio di figure in Compagnia di San Paolo, incontriamo saltuariamente anche il responsabile dell’area Filantropia, dotato di maggior responsabilità rispetto al referente operativo. La relazione con il referente operativo è - secondo me - ottima, perché ha visto nascere quasi tutte le case e conosce molto bene potenzialità e criticità. Figura molto presente sia nei momenti ufficiali che nelle diverse attività promosse dalle singole case, cerca sempre di arricchire e stimolare le nostre realtà con fattori esterni al nostro percorso. A titolo esplicativo, fu lui che ci segnalò la Biennale Prossimità, o la possibilità di partecipare ad alcuni bandi per fondi europei, o ancora che cercò di connettere altre progettualità sostenute da Compagnia con le Case. Ne riconosce molto bene il potenziale. Compagnia, inoltre, segnalò l’ingresso nel coordinamento di due case, il Barrito e Casa Vallette. Non è una sviolinata la mia, ma questo ente ha dimostrato altissime capacità di lettura e di analisi dei processi che ci caratterizzano.
 
 
 
Trovate molto riscontro sul piano del coinvolgimento dei cittadini. Come riuscire a parametrare l’impatto sui quartieri nei quali operate?
Inizieremo prima dell’estate un percorso di valutazione degli impatti e di costruzione degli indicatori di performance. Per fare ciò abbiamo aperto una call su inviti, mandando la nostra richiesta a 8 enti in Italia che si occupano di valutazione, guardando non solo a Torino ma al territorio nazionale. Le risposte arrivate sono interessanti, a brevissimo ci sarà l’individuazione del soggetto scelto e l’incarico. Scelta strategica sarà di farci accompagnare da un soggetto esterno, che non sarà “viziato” dalla troppa conoscenza delle nostre realtà e la sua a volte naturale affezione. Saranno valutati sia impatti sulle singole case e sulla Rete nella sua totalità.
 
 
 
Pensi che il “vero” lavoro della Rete delle Case sia già visibile o abbia ancora necessità di radicarsi nel territorio per dimostrare realmente i suoi effetti?
Con molta onestà intellettuale, penso che il convegno sia stato il primo grande lavoro visibile fatto come soggetto corale. Sicuramente la Rete ha reso “più visibile” il lavoro delle singole case, ci ha permesso di avere delle ricadute interne singole molto importanti. Rispetto alle ricadute sul territorio siamo agli inizi, è uno degli obiettivi che ci siamo dati come Rete in questo 2016, far capire che oltre alle case esiste anche la Rete.
 
 
 
Quali differenze nella Torino d’oggi tra centro e periferia? Cosa si può fare oggi per le periferie?
La differenza tra centro e periferia esiste. Ma questo non implica obbligatoriamente l’individuazione di un luogo migliore rispetto all’altro. La periferia è ancora in grado di esprimere potenziali di aggregazione, concretezza e vitalità che spesso il centro non esprime più. Dall’altra parte troviamo il capitale umano del centro, e quindi i cittadini con un buon livello di scolarizzazione e strumenti necessari per capire le dinamiche dell’empowerment e della partecipazione. Le cose da fare per le periferie possono essere tantissime, sicuramente promuovere coesione tra soggetti associativi, commercianti, realtà religiose o sportive. Tali azioni potrebbe aiutare i cittadini a comprendere che la convivenza è possibile. Che esiste un mondo al di là della decrescita e della disoccupazione in grado comunque di far sorridere. Che anche con i cittadini dobbiamo ricostruire le identità perse e i legami sociali una volta naturali, ma adesso sfilacciati e da ritessere.
 
 
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