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«Spillover effects», il nuovo mantra delle industrie culturali e creative

  • Pubblicato il: 15/03/2016 - 23:06
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Vittoria Azzarita

Settore poliedrico per definizione, il comparto delle industrie culturali e creative ha dimostrato di saper generare ricadute positive, capaci di contribuire alla crescita economica e sociale di intere comunità. Noto con l’espressione inglese di «spillover effects», questo fenomeno ha conosciuto una diffusione crescente in ambito culturale. Entrato a far parte delle politiche culturali europee e di numerosi progetti internazionali, lo studio degli «spillover effects» necessita di un nuovo approccio metodologico e di una programmazione comunitaria condivisa per poter restituire una misura, reale e affidabile, del valore prodotto dagli investimenti pubblici e privati a favore della cultura e della creatività
 
 
 
Il fenomeno degli «spillover effects» culturali e creativi
Il settore delle industrie culturali e creative si caratterizza per la sua capacità di dar vita a ricadute positive, che abbracciano differenti comparti produttivi e molteplici ambiti d’azione. Giocando un ruolo determinante in un contesto di crisi come quello attuale, tali realtà imprenditoriali aiutano le economie locali a crescere, stimolano la nascita di attività innovative, creano nuova occupazione, e aumentano l’attrattività e la competitività di un territorio.
Grazie all'interazione con altre discipline, le industrie culturali e creative generano effetti trasversali e promuovono l'adozione di politiche e strumenti che sappiano oltrepassare i confini geografici, tecnologici e settoriali che separano professionisti e realtà produttive appartenenti a differenti ambiti di attività. Questo processo, noto con la terminologia anglosassone di «spillover effects», può essere descritto come la capacità di coloro che operano nei settori creativi e culturali di contribuire in maniera indiretta alla formazione di fenomeni emergenti e innovativi, generando degli effetti che travalicano i confini tra comparti produttivi e apportano benefici a un insieme ampio e variegato di realtà imprenditoriali.
Ufficialmente introdotti nel 2012 nel dibattito internazionale sulle politiche culturali dalla Commissione Europea[1], gli «spillover effects» continuano a operare in una zona grigia, sfuggendo alle rilevazioni statistiche e alle numerose analisi di contesto condotte in questi anni, a causa della mancanza di una visione condivisa e di una metodologia comune in grado di analizzare e quantificare il valore economico e sociale di tali «benefici diffusi».
Consapevoli della necessità di comprendere in maniera più approfondita le vaste e variegate implicazioni economiche e sociali che l’arte, e le industrie culturali e creative, generano nei contesti in cui agiscono e con cui interagiscono, un gruppo di lavoro internazionale composto da Arts Council England (ACE), Arts Council of Ireland, european centre for creative economy (ecce), European Cultural Foundation, European Creative Business Network e Creative England, ha deciso di intraprendere un percorso di ricerca al fine di studiare l’impatto degli «spillover effects» quali elementi non trascurabili del contesto culturale e creativo europeo.
La motivazione di fondo che ha spinto queste organizzazioni a unire le forze e a condividere il proprio lavoro di analisi attraverso una piattaforma online, aperta e collaborativa[2], risiede nell’assenza di una prova di casualità capace di dimostrare il ritorno in termini economici e sociali degli «spillover effects», generati dagli investimenti pubblici e privati nei settori della cultura e della creatività.
I risultati della prima fase di studio sono stati raccolti nel volume «Cultural and creative spillovers in Europe: Report on a preliminary evidence review»[3] che partendo dalla creazione di una prima raccolta bibliografica, composta da 98 documenti provenienti da 17 Paesi europei, offre una panoramica dei metodi di valutazione e dei punti di forza e di debolezza delle metodologie attualmente esistenti, e suggerisce delle possibili linee d’intervento per soddisfare i bisogni pratici e strategici di artisti, organizzazioni culturali, industrie creative, policy-makers, finanziatori e istituzioni locali.
 
 
 
Verso una definizione comune
Non esistendo una definizione condivisa, il rapporto redatto dalla Tom Fleming Creative Consultancy, intende con il termine «spillovers» il processo attraverso il quale un'attività svolta in una determinata area produce un conseguente impatto più vasto sullo spazio circostante, la società e l'economia nel suo complesso, grazie a un surplus di concetti, idee, competenze, conoscenze e capitali. Non necessariamente positivi, gli «spillover effects» possono aver luogo in periodi di tempo differenti e possono essere intenzionali o casuali, pianificati o spontanei, diretti o indiretti.
Le analisi contenute nello studio suddividono gli spillovers culturali e creativi in tre principali macro-categorie: knowledge spillovers, industry spillovers, e network spillovers.
Con l’espressione knowledge spillovers si intendono tutti quei casi in cui nuove idee e tecnologie, sviluppate all’interno di industrie culturali e creative, sono applicate in maniera proficua anche in altri campi, generando ricadute positive in termini di produttività e innovazione. L'importanza degli spillovers legati alla conoscenza è data dalla loro capacità di stimolare la creatività e il suo potenziale, di aumentare la tolleranza tra le comunità, di rafforzare le collaborazioni intersettoriali, e di facilitare la nascita di nuove modalità organizzative e strutture manageriali.
La generazione degli industry spillovers si ha quando beni e servizi, culturali e creativi, aumentano la domanda di prodotti complementari in altri settori: ad esempio l’ampia diffusione di contenuti digitali produce un aumento della domanda di prodotti tecnologici come gli smartphone, oppure l'uscita nelle sale cinematografiche di un film d'animazione per ragazzi genera delle entrate aggiuntive grazie alla vendita di giocattoli e altri prodotti legati al merchandising. Gli spillovers che fanno riferimento ai processi produttivi svolgono un ruolo determinante nella promozione dell'imprenditorialità anche nei settori creativi e culturali, nell'incentivare gli investimenti privati ed esteri, nell'aumento della produttività, dell'efficienza e della competitività dei sistemi economici, e nel favorire la propensione all'innovazione e all'utilizzo delle tecnologie digitali.
Il fenomeno conosciuto come network spillovers si manifesta, invece, ogni qual volta la semplice presenza di industrie creative all’interno di un determinato territorio apporta benefici anche alle altre imprese locali. L’esistenza di spillovers legati alla localizzazione geografica, e i loro effetti sull’innovazione, sono ampiamente studiati e riconosciuti (come nel caso dei distretti culturali e creativi). La logica alla base del loro funzionamento risiede nell'abilità delle industrie culturali e creative di produrre esternalità positive, che possono essere trasferite agli altri comparti produttivi presenti sullo stesso territorio, generando entrate più alte a livello locale.
Allo stesso modo, gli individui sono attratti verso un quartiere o una città perché le attività produttive di loro interesse si trovano in quel determinato contesto geografico. La rilevanza di tali spillovers si traduce nella possibilità di costruire una società maggiormente coesa e inclusiva, nel miglioramento del benessere e della qualità della vita, nella diffusione della conoscenza tacita, nel favorire la rigenerazione urbana, e nella creazione di un milieu creativo capace di rafforzare l'identità locale e di aumentare l'attrattività e la riconoscibilità di un luogo oppure di una città.
 
 
 
 
Le politiche culturali europee a favore degli «spillover effects»
Alla luce di questi importanti effetti, non è caso se la Commissione europea ha ritenuto opportuno lanciare una strategia volta a promuovere i settori culturali e creativi che presentano una forte propensione alla produzione di «spillover effects». Anche se il fenomeno non viene citato direttamente all'interno del principale programma di finanziamento europeo a favore della cultura e della creatività, l'Unione Europea attraverso il lancio dell'iniziativa Europa Creativa ha reso esplicito il proprio interesse verso il superamento dei confini ideologici e istituzionali che separano le industrie culturali e creative dagli altri comparti produttivi, incentivando la creazione di interconnessioni tra le strategie culturali e le politiche urbanistiche, imprenditoriali ed economiche.
In linea con quanto previsto dalla nuova politica di programmazione comunitaria Europa 2020, il nuovo strumento di finanziamento dell’Unione europea a favore della ricerca e dell’innovazione - conosciuto con il nome di Horizon 2020 - riunisce in un unico programma tutte le azioni che saranno implementate nel campo della ricerca e dell’innovazione, a livello europeo, a partire dal 2014. Una delle caratteristiche chiave di Horizon 2020 è l’enfasi data alle industrie culturali e creative quali catalizzatori di innovazione, e la centralità attribuita alle politiche urbane e alle politiche culturali quali strumenti capaci di innescare processi innovativi anche in aree non tecnologiche come le scienze umane e sociali, incoraggiando l’applicazione di nuovi modelli di business e l’innovazione sociale attraverso un approccio più ampio e dinamico alle pratiche innovative.
Anche i I Fondi Strutturali, che rappresentano un’importante fonte di finanziamento a livello locale, contengono un invito implicito a esplorare le diverse tipologie di «spillovers» culturali e creativi, che possono andare dal valore aggiunto che il settore del design è in grado di produrre alle ricadute indirette e indotte del turismo culturale; da una maggiore partecipazione della società civile alla vita di comunità, allo sviluppo di progetti multidisciplinari e collaborativi, come gli hub culturali.
Con l’intento di dare continuità al lavoro di ricerca intrapreso nel corso del 2015, le organizzazioni prima citate che hanno realizzato il primo report sugli spillovers culturali e creativi in Europa, hanno lanciato una nuova «call for tender» denominata «Testing innovative methods to evaluate cultural and creative spillovers in Europe» e volta alla raccolta di case studies che consentano di investigare metodi innovativi per la valutazione del fenomeno degli spillovers culturali e creativi a livello europeo[4].
Sia che si scelga di chiamarli spillovers che «cross-overs»[5] culturali e creativi, si rileva in ogni caso il perdurare di una possibile tensione tra le priorità e gli strumenti che contribuiscono a dettare l'agenda politica dei prossimi anni. In parte questo risultato può essere ascrivibile alla sussidiarietà del settore culturale rispetto ad altri comparti produttivi, che ha portato a sua volta alla nascita di una pletora di studi e ricerche, senza però attuare una strategia contestuale orientata allo scambio e alla condivisione di dati, conoscenze, progetti, e linee guida tra i vari Stati Membri.
In mancanza di una visione olistica e di una metodologia d'indagine condivisa, il consenso esiste più sui tipi di valore generati dagli investimenti a favore delle industrie culturali e creative, che sulle modalità attraverso cui misurare questo valore al fine di descriverlo e tradurlo in misure e programmi incentrati sulla combinazione di competenze e professionalità, e sull’adozione di modelli capaci di espandere i mercati di sbocco e soddisfare le richieste di una domanda in continua evoluzione.
Si rende pertanto indispensabile attivare processi di coinvolgimento e sensibilizzazione degli addetti ai lavori, servendosi di strumenti in grado di moltiplicare le occasioni di incontro e di stimolare orientamenti progettuali maggiormente idonei ad agire in un contesto fortemente orientato alla produzione e diffusione degli «spillovers» creativi e culturali. Il prossimo European Culture Forum, che si terrà a Bruxelles il 19 e 20 aprile 2016, potrebbe essere una buona occasione per dare continuità e concretezza a questo argomento di discussione.
 
 

 
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Photo credits: Shinique Smith, Arcadian Cluster, 2006 - Installation view, MoMa PS1 Contemporary Arts. This file is licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
 

[1]    Gli «spillover effects» vengono introdotti per la prima volta nell'agenda politica dell'Unione Europea tramite la COM(2012) 537, Promoting cultural and creative sectors for growth and jobs in the EU, consultabile al seguente link http://www.europarl.europa.eu/registre/docs_autres_institutions/commission_europeenne/com/2012/0537/COM_COM%282012%290537_EN.pdf

[2]    http://ccspillovers.wikispaces.com/

[3]    Il volume è liberamente consultabile al seguente link: http://ccspillovers.wikispaces.com/file/view/Cultural%20and%20creative%20spillovers%20in%20Europe%20-%20full%20report.pdf

[4]     Il bando denominato «Testing innovative methods to evaluate cultural and creative spillovers in Europe» è consultabile al seguente link http://ccspillovers.wikispaces.com/file/view/2016+Research+brief_+Innovative+methods+to+evaluate+cultural+and+creative+spillovers+in+Europe.pdf

[5]    Durante il suo suo semestre di Presidenza UE, la Lettonia ha preferito parlare di «Cultural and Creative Crossovers». Per un ulteriore approfondimento sul tema si rimanda all'articolo di Pier Luigi Sacco e Erminia Sciacchitano pubblicato sul numero di aprile 2015 del Giornale delle Fondazioni e consultabile al seguente link http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/incroci-creativi-due-conferenze-sulla-cultura-nel-semestre-di-presidenza-lettone-dell%E2%80%99unione